Alfonsine

Albero genealogico Famiglia Gessi

Famiglia Gessi (ramo di Eugenio, Mino, Beno, Ottorino)

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Ottorino Gessi

(1920-2006)

 

Ottorino Gessi, fratello del famoso Mino Gessi, era nato dal secondo matrimonio di Eugenio Gessi, il capostipite di una storica nota e ricca famiglia alfonsinese. 
Il vecchio Eugenio Gessi ebbe due mogli: dalla prima, di cognome Seconda Baroni, ebbe molti figli dei quali sopravvissero solo: Mino, Benedetto, Michelina (sposata a Ferruccio Mossotti), Maria che sposò il prof. Pasini. 
Dopo la morte della prima moglie Eugenio Gessi si sposò con Domenica (la “Minghina") da cui nacquero Ottorino, Fulvia e Liliana. 

 

L'infanzia

Ottorino, nato ad Alfonsine nel 1920, aveva appena 4 anni quando avvenne uno scontro a fuoco tra i fratelli Faccani e suo fratello Mino Gessi: era il 2 marzo 1924. Il segretario del partito fascista di Alfonsine, Abele Faccani fu colpito con una revolverata da Mino Gessi, durante una feroce e violenta aggressione al Gessi stesso, in cui questi stava per soccombere alle bastonate dei due fratelli. Abele morì dopo due settimane in ospedale a Bologna, per un'infezione alla ferita.

 

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I resti dell'incendio del teatro dei Gessi  (Alfonsine 1924)

 

Giacomo “Mino” Gessi, fratello di Ottorino
a 34 anni,
nel 1924 al tempo dello scontro con i Faccani.

Cagnes-sur-Mer (Nizza) : la lapide, dedicata ai resistenti morti per la patria, porta anche il nome di Giacomo (Jacques) Gessi. I Francesi, a pochi anni dalla fine della guerra (1948), dettero a Gessi questo onore

 Mino Gessi riuscì a rendersi irreperibile aiutato da contadini amici e antifascisti, e rimessosi dalle ferite riuscì a fuggire in Francia, dove operò con gli antifascisti espatriati. Incarcerato dai fascisti francesi del governo di Vichy, consegnato ai tedeschi, fu internato a Dachau dove morì, nel febbraio del 1945. Il suo corpo finì in un forno crematorio.
Le squadre dei fascisti locali alfonsinesi non riuscendo a trovare Mino si accanirono contro i suoi famigliari.  Incendiarono il cinema teatro di proprietà del padre Eugenio e tre giorni anche la boaria di Taglio Corelli, dove si era rifugiata la famiglia Gessi. 

Furono incendiati una ventina di bovini, preventivamente cosparsi di benzina, gli attrezzi, le cantine, i fienili, le abitazioni dei terziari e del boaro, i magazzini, l'appartamento padronale dopo averne sbarrato le porte per impedire alla famiglia di mettersi in salvo, già miracolosamente in fuga grazie ad una generosa soffiata arrivata all'ultimo minuto. 

Nel fuggi fuggi generale Ottorino riportò un forte trauma alla fronte per essere sbalzato dal calesse in seguito all'improvviso impennarsi del cavallo, alla vista dei bagliori delle fiamme. Gli rimasero chiari segni postumi. Suo zio Beno riportò una frattura ad una gamba e la madre ad un braccio.

Passata la fase repressiva il vecchio Eugenio Gessi decise di ricostruire il teatro-cinema e lo chiamo "Aurora"

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Foto aeree del cinema Aurora nel 1938

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Interno del teatro-cinema "Aurora" anni '30-'40, 
con l'orchestra



L'adolescenza

Frequentò le scuole elementari e medie ad Alfonsine fino al 1932, anno in cui continuò gli studi a Bologna, nel collegio Malavasi. Tornava ogni anno solo per le vacanze ad Alfonsine. Rimase nel collegio fino alla chiamata alle armi.
Appartenendo alla famiglia Gessi, con un fratello che era stato condannato dalla magistratura italiana, a 24 anni, in contumacia, non gli era concesso certo di indossare la divisa da piccolo balilla fascista, o di averne la tessera, né naturalmente suo padre l’aveva chiesto.
"Io ricordo che ho vissuto un forte disagio, fino all'età di 11/13 anni (quando cominciai a comprenderne le ragioni), perché senza la divisa mi sentivo un emarginato e nutrivo un forte senso d'invidia per chi poteva sentirsi "qualcuno" (uno che conta) indossando la divisa soprattutto se fregiata da un qualche gallone...” così ci raccontò tempo fa in alcune conversazioni. Gli amici con cui Ottorino Gessi è cresciuto furono così i ragazzini di via Borse di Alfonsine, figli di contadini e di braccianti.

Ecco come Ottorino ha raccontato un episodio di quegli anni adolescenziali.

"Io ero il figlio del padrone... "

Lungo il viottolo che dalla strada comunale, sull´argine della Canalina, porta alla Boaria della mia famiglia c´era, alla destra, prima di accedere all´aia, un capannone per gli attrezzi agricoli. Tra il capannone ed i campi un piccolo scolo con erbacce. Noi ragazzini, io ed altri due o tre, aspettavamo, ogni anno, la maturazione dei cocomeri per farne una clandestina scorpacciata anche se il.... raccolto era concesso solo agli adulti: normalmente gli acquirenti della "partita". Uno restava lì, intorno al capannone a fare da palo e gli altri alla caccia di uno o due cocomeri già maturi. Se tutto era andato liscio, iniziava l´allegra abbuffata al termine della quale si prendevano le bucce per seppellirle accuratamente nello scolo per non lasciare traccia del misfatto e ciò per evitare una……. repressione, più o meno esemplare, da parte delle rispettive famiglie. Io me ne guardavo bene dal parlarne in casa e così gli altri. Si tenga presente che non si trattava di ladruncoli arrivati da chissà dove: io ero il figlio del padrone e gli altri amici erano i figli di chi aveva lavorato la terra. C´era, però, a monte, ecco il segno dei tempi, un´educazione che ci proibiva di mangiare quei cocomeri (anche se prodotti dalle nostre famiglie che li avevano... seminati) alla luce del sole, pubblicamente, perché si trattava, se raccolti senza un regolare permesso, di un´azione disonesta, proibita. Però io, certamente, dei cocomeri così buoni, così gustosi non li ho mai più mangiati in vita mia..."


La guerra

L'otto settembre 1943 era in provincia di Foggia in forza ad un battaglione A.U.C. (Allievi Ufficiali di Complemento). Con l’esercito italiano allo sbando e i tedeschi che rastrellavano i soldati italiani riuscì a fuggire e a nascondersi aiutato da Padre Pio da Pietralcina, che gli diede gli abiti civili di un suo nipote.
Si arruolò nel nuovo "Regio Esercito" del Sud: approfittando di una convalescenza salì al nord dove raggiunse la XXVIII brigata partigiana grazie all'incontro, in Ravenna, con un Alfonsinese, un certo "Liquigas" che era a perfetta conoscenza dell'antifascismo della famiglia Gessi. Venne assegnato alla VI compagnia formata soprattutto da Alfonsinesi: comandante Rino Bendazzi. Il 12 gennaio 1944 era sulla linea del fronte, nelle valli di Ravenna. Fu lì che gli pervenne una lettera della sorella Fulvia per annunciargli il decesso di sua madre, dovuto allo scoppio di una granata, in via Borse.


Il dopoguerra

La famiglia Gessi già da fine ottocento fu sempre impegnata culturalmente per il proprio paese: con la costruzione e gestione del teatro-cinematografo Calderoni (e baracò), e, dopo l'incendio avvenuto ad opera dei fascisti, alla ricostruzione del nuovo teatro "Aurora", rinato sulle ceneri del precedente, e infine nel dopoguerra, di nuovo con la ricostruzione in piazza Gramsci del nuovo cinema "Aurora". Per ricostruire per la terza volta il Cinema Teatro Aurora, dopo la guerra, Ottorino fu costretto a vendere la terra, comprese le quote delle sorelle. 

"Il gestore ero io, - ha raccontato - i biglietti li faceva la scrupolosa, straordinaria Angelina (Angelina d'Araldo, Lanconelli), custode era Ballotta (Raflì- fratello del Ballotta trucidato dai fascisti). Operatore cinematografico era un elettricista di Alfonsine - destra Senio, (Piretto) con il carissimo amico Pasi, deceduto qualche anno fa, marito della Nerina e mio compagno nella XXIII brigata.

Il cinema "Aurora", di nuovo ricostruito dai Gessi nel 1948

 

Nel 1950 non potendo far fronte alla situazione economica che si era creata per l'eccessivo costo della ricostruzione, rispetto alle previsioni, dovette vendere la sua quota (50%) e, più tardi, lasciare la gestione... 
Si trasferì a Bologna, dopo aver definitivamente chiuso col cinema Aurora, e nel 1958 entrò nell'erigenda Fondazione Malavasi: divenne collaboratore della fondatrice del collegio dove aveva studiato da giovane: Elide Malavasi, una ricca borghese cattolica, divenuta figlia spirituale di Padre Pio, il quale le aveva suggerito di investire tutti i suoi averi nella costruzione di una scuola che educasse alla tolleranza e all’uguaglianza (in piena epoca fascista). E così aveva fatto. Ottorino Gessi, suo ex allievo divenne suo stretto collaboratore, sostenne il progetto educativo della Fondazione Malavasi, e istituì con lei tale fondazione. Fu nominato vicedirettore del collegio, e alla morte della fondatrice, avvenuta nel 1983, con sorpresa di tutti, fu indicato da lei stessa, proprio lui come erede testamentario della Fondazione Malavasi, (lui un laico e comunista a dirigere e a portare avanti l’opera della Malavasi). Così fece fino a un decennio fa, mantenendo la barra del Collegio Malavasi sulla rotta della sua fondatrice. Ormai da diversi anni a riposo, Ottorino si era trasferito a Ripoli, sulle colline della Val di Sambro, dove riusciva a vivere e a respirare meglio che nell’aria asfittica della città. 

Recentemente aveva donato alla Biblioteca Comunale di Alfonsine diverse opere librarie rare e di notevole valore. 

E' morto all'ospedale Maggiore di Bologna dopo due mesi di malattia il 2 Agosto del 2006. E' sepolto nel cimitero di Alfonsine nella chiesetta di famiglia.

Ottorino Gessi e Luciano Lucci in visita a Montesole (2005)

Ottorino Gessi e Laura, moglie di Lucci, durante una gita nei dintorni di Ripoli (2005)

  

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