Si
tratta di una ragazza del posto, la ventiquattrenne Maria Novelli.
La donna è stata uccisa dai violenti fendenti di una lama rozza, colpita
prima all’altezza del ventre, poi alla nuca (probabilmente durante un
tentativo di fuga) e infine in modo letale alla gola. Le mani sono graffiate,
ad indicare una colluttazione.
La
ragazza è incinta di un mese.
Il fidanzato, Giovanni, ha un alibi
di ferro e il suo nome viene immediatamente scartato dalla lista dei possibili
colpevoli.
È invece la sorella
Clelia a fornire i primi elementi interessanti per le indagini, ricordando che
il giorno precedente insieme a Maria aveva ricevuto
la visita di due finanzieri, Pepi e Rampello e che proprio con quest’ultimo
la giovane aveva avuto un piccolo alterco.
Le comunità di Porto
Corsini e di Casalborsetti sono sconvolte dagli eventi, le voci si rincorrono
e cresce un clima di reciproco sospetto che sembra avvelenare anche i funerali
della donna, le cui spoglie trovano riposo nel
cimitero di Mandriole, la piccola frazione abitativa che sorge oggi
sulla riva del canale destra Reno.
La presenza della fossa
scavata sulla duna lascia immaginare un delitto premeditato con occultamento
incompiuto, forse a causa dell’arrivo di qualche bagnante.
Le investigazioni
sembrano concentrarsi sempre più sui due finanzieri Pepi e Rampello,
specialmente su quest’ultimo, che secondo alcune testimonianze vedeva
respinte da Maria le proprie attenzioni.
Vengono ricostruite le
ultime ore di vita della ragazza ed alcuni particolari nella testimonianza dei
due militari decisamente non tornano.
Le
guardie hanno effettivamente fatto visita alle giovani sorelle nella loro
umile abitazione di Casal Borsetti, ma c’è una discordanza sulle due ore
successive, che Rampello afferma di avere trascorso in compagnia del collega,
smentito però da Pepi, secondo il quale i commilitoni si sarebbero rivisti
solo nel tardo pomeriggio.
Ce n’è abbastanza per determinare il
fermo del finanziere siciliano, per il quale la situazione sembra velocemente
precipitare quando vengono riscontrate tracce di sangue sui suoi indumenti e
sulla dotazione militare. Il collega Pepi, invece, esce completamente dalle
indagini.
Il
processo ha inizio il 7 dicembre 1906 e Giuseppe Rampello è l’unico
imputato.
Nelle parole
dell’accusa gli indizi sembrano farsi inequivocabilmente prove, ma la difesa
affidata all’avvocato Crapanzano, rinomato professionista siciliano,
sorprendentemente rovescia un verdetto parso già scritto, i giurati
sentenziano: “Assolto!”.
Dopo oltre un anno,
dunque, l’omicidio di Maria Novelli resta senza colpevole.
Rampello dopo
quattordici mesi lascia il carcere e torna in Sicilia, ma il verdetto
assolutivo divide Porto Corsini, che nel finanziere isolano aveva individuato
il criminale perfetto e ora si ritrova in preda a congetture e ipotesi di
nuovi possibili sospetti.
La storia
dell’omicidio della giovane donna potrebbe chiudersi qui, come caso
irrisolto, ma la soluzione vera e propria, definitiva e inaspettata, arriva
meno di un anno dopo, quando le cronache riportano del decesso di Giuseppe
Rampello e della sua confessione in extremis.
Il
finanziere, gravemente malato e ormai in punto di morte, ammette le proprie
responsabilità e l’omicidio di Maria, della quale, non ricambiato, si era
invaghito.
Un finale scontato e
già individuato, seppur raggiunto tortuosamente, per una vicenda destinata a
perdersi nella memoria degli anziani e nelle pieghe del tempo.
Una
conclusione, però, capace di ristabilire la verità in ossequio ad una
giovane vita stroncata per un rifiuto.
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