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Cronologia dei fatti della 
"settimana rossa" a Villanova di Bagnacavallo

 a cura di Luciano Lucci                             lucci@racine.ra.it

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La settimana rossa nei vari paesi di Romagna
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Domenica 7 giugno 1914                          

Masetti: chi era?

Contromanifestazione ad Ancona a Villa Rossa di repubblicani, anarchici e socialisti. Contro la guerra di Libia e le Compagnie di Disciplina

 

 

 

 

Ad Ancona i carabinieri sparano sulla folla: 3 morti

 

 

Manifestazioni antimilitariste si tennero da vari mesi in varie parti d'Italia, contro le Compagnie di Disciplina e per la liberazione delle vittime del militarismo: Augusto Masetti e Antonio Moroni.  Una grossa manifestazione fu attuata a Villa Rossa, sede repubblicana di Ancona, dove parlò Pietro Nenni, allora dirigente repubblicano, e Enrico Malatesta, vecchio storico esponente dell'anarchismo italiano.

La protesta fu contro la guerra di Libia e per l'abolizione delle Compagnie di Disciplina nell'esercito, motivo per cui il soldato Masetti aveva sparato a un suo superiore.

Ad Ancona (clicca per maggiori dettagli)  un comizio fissato nella mattinata, che doveva svolgersi in Piazza del Papa, ma che era stato proibito, dato che pioveva, venne spostato dai dirigenti dei partiti, al pomeriggio alle 16, a Villa Rossa, sede dei repubblicani di Ancona.
Gli aderenti ai partiti di estrema sinistra, repubblicani, anarchici, socialisti, si trovarono alla Villa Rossa per ascoltare diversi oratori. Erano presenti in circa cinquecento, in maggioranza anarchici e repubblicani.
Poco dopo le 18 il comizio ebbe termine. All'uscita della gente si formò una specie di corteo. Molti volevano andare a manifestare in piazza Roma, dove si teneva un concerto militare. Sulla strada c'erano carabinieri ed agenti che dovevano impedire il formarsi di un eventuale corteo diretto al centro. Un gruppo di giovani tentò di passare.

Nell'inevitabile scontro le pallottole dei carabinieri colpirono a morte  tre giovani lavoratori:
due repubblicani Antonio Casaccia di 24 anni e Nello Budini di 17 anni,
che morirono all'ospedale, e l'anarchico Attilio Giambrignani, di 22 anni, morto sul colpo.  Episodi tragici di questo tipo erano accaduti sovente in quegli anni. Quello di Ancona fu la goccia che fece traboccare il vaso.  

La notizia in Romagna arriverà solo con i giornali del mattino seguente

Lunedì 8 giugno 1914

La notizia viene appresa dai giornali

Quando le masse popolari lessero sui giornali cosa era successo ad Ancona si diffuse commozione ed ira. Anche a Villanova ci fu un comizio.

Sciopero generale per il giorno dopo

A Forlì, Ravenna, Cesena, Faenza, Fabriano, Falconara, Senigallia e in altre città e paesi delle Marche e della Romagna, come pure Roma, Firenze, Milano e Napoli operai e masse popolari entrarono in agitazione e proclamarono lo sciopero generale per il giorno 9, a cui si accoderà la dirigenza nazionale della Confederazione del Lavoro e le Direzioni Centrali dei Partiti Repubblicano e Socialista.

Martedì 9 giugno 1914

 

Sciopero generale.

Mercoledì 10 giugno 1914

10.000 manifestanti a Ravenna A Villanova la mattinata scorreva tranquilla, perché in molti erano andati a Ravenna. In chiesa fervevano i preparativi per la solenne processione del Corpus Domini che in quell'anno cadeva l'11 di giugno.  

A Ravenna confluirono in bicicletta, sui carri dei birocciai e su altri mezzi, più di 10.000 lavoratori, per lo più braccianti e mezzadri di fuori Ravenna. Parlarono esponenti della Camera del Lavoro, socialisti, repubblicani e anarchici.

Giovedì 11 giugno 1914

L'assalto alla chiesa e al parroco di Villanova

 

Alcune informazioni sono tratte dal libro: 'La "Settimana Rossa" Tra mito barricadero e risposte di Dio' di Enzo Tramontani Longo editore RA

Il gruppo di dimostranti che a Mezzano nel mattino avevano devastato la chiesa e fatto un gran can can (vedi qui) , al pomeriggio i mezzanesi si diressero verso le 16,30 a Villanova, dove fu distrutta completamente la chiesa e l'abitazione dell'arciprete don Claudio Guerra, costretto a una fuga rocambolesca in mezzo ai campi, finché a tarda sera si presentò in preda a un pianto convulso a una casa di parrocchiani che lo ospitarono. 

Subì danni la sede della Società Monarchica e anche il piccolo cinematografo, forse perché appartenente ad un ex-carabiniere. (da "Cronaca degli avvenimenti di Alfonsine" il Giornale del Mattino 14 giugno 1914)

Erano proprio tutti di Mezzano coloro che attaccarono la chiesa di Villanova di Bagnacavallo, come ebbe a testimoniare l'arciprete don Claudio Guerra. 

Due giorni dopo il fatto, il 13 giugno, il parroco di Villanova inviò relazione all'autorità diocesana nella persona del vescovo di Faenza mons. Vincenzo Bacchi. L'incipit solleva il velo sul grave trauma che il non più giovane don Guerra aveva patito: «Riavutomi dallo strazio acerrimo da cui sono invaso, sento il dovere di informare l'Eccellenza Vostra ecc.». poi puntò il dito contro i rivoltosi di Mezzano «dove tutto è stato concertato e da dove si è mossa la folla degli scioperanti selvaggi. Il mio popolo - continua l'atto d'accusa di don Guerra - è dolentissimo e indignatissimo, corre a far visita al tempio diroccato e piange».
Ma già nella domenica 14 giugno officiando in un luogo di fortuna, lasciò scritto «esortai tutti a non nutrire sentimenti di vendetta, ed a pregare per scongiurare i ben meritati castighi di Dio».

Ma l'Eccellenza era già stata informata il giorno prima dal parroco dei Prati di Bagnacavallo don Angelo Mazzanti il quale, in una reiterata informativa del 26 giugno, scriveva che lui sarebbe stato disposto a «sacrificare la vita, piuttosto che cedere che si appiccasse il fuoco a questa mia chiesa». In questo modo Don Mazzanti di Villa Prati rivolse un atto di accusa al povero Don Guerra di Villanova.  

Per questo suo comportamento giudicato debole fu "interdetto" dalla parrocchia (cioè la proibizione di mettervi più piede) dal vescovo di Faenza mons. Vincenzo Bacchi, su informazione del parroco di Prati di Villanova don Angelo Mazzanti. 

La gente del posto narra ancora di lui come di un fantasma che appariva di tanto intanto sui confini parrocchiali, da dove visibilmente angosciato contemplava la sua chiesa e il campanile che egli stesso aveva edificato, con non poco sacrificio personale. 

Domenica 21 dicembre 1914

 

Il 21 dicembre 1914 presso il Regio Tribunale di Ravenna, si conclude con sentenza di condanna di A. F. (falegname ventunenne) e di B. B. U. di anni 30, bracciante, (latitante) rispettivamente a due anni e un mese, e a due anni e undici mesi, assolti tutti gli altri nove imputati, dei quali fu ordinata la scarcerazione: T. L. R. di anni 20, meccanico, M. A. di anni 21, calzolaio, A. A. di anni 20, meccanico, B. A. di anni 21, meccanico, M. N. U. di anni 21, bracciante,  B. D. di anni 28, birocciaio, Giacoma Tavolazzi (Giacomina detta Mina) di anni 21, donna di casa. 

La storia di Giacomina Tavolazzi (clicca qui)

Su quest'ultima c'è un racconto particolare. 

Ultimo paradosso: tutti amnistiati per la nascita di una principessa.  

Poco più di un mese dopo il 3 febbraio 1915 la Corte d'Appello di Bologna dichiarò estinta l'azione penale per sopravvenuta amnistia e assolse i due condannati di Mezzano. Era merito dell'amnistia generale per la nascita di una principessa reale, Maria Francesca di Savoia,  e furono liberi. 

Poi scoppiò la 1° Guerra Mondiale.

Conclusione

  La "settimana rossa" passò alla storia come qualche cosa da dimenticare. Essa fu rimossa completamente dalla memoria storica della gente di allora, e anche di oggi.

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