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NEL 1919 NASCEVA A MILANO IL MOVIMENTO DEI FASCI ITALIANI DI COMBATTIMENTO, E
AD ALFONSINE? DI FASCISTI ANCORA NEANCHE L’OMBRA. A MILANO il 23 marzo del 1919 un gruppo di nazionalisti di destra e di sinistra, i reduci dell’arditismo della Grande Guerra appena finita, sotto la guida di Mussolini si coagularono formando un ‘fascio’ ancora vagamente socialista e repubblicano. Scrissero anche un programma che aveva numerose proposte di riforma politica e sociale, “contro due pericoli: quello di destra che odia le novità e quello distruttivo di sinistra", rappresentando la "terza via" tra i due opposti. Rivendicavano anche l’Istria e la Dalmazia, facendo confluire nel fascismo i reduci della guerra, e poi anche quelli fiumani e dannunziani. Il 15 aprile si fecero notare per la prima volta a livello nazionale con una giornata di scontri: i manifestanti dei Fasci Italiani di Combattimento, insieme al Partito Nazionalista, futuristi e arditi, si scontrarono con altri manifestanti anarchici, e già che c’erano diedero l'assalto all'Avanti!, il quotidiano socialista da cui Mussolini direttore era stato cacciato. Il grave fatto poteva rimanere di per se stesso senza grandi conseguenze, ma Mussolini nei giorni successivi si vantò del delitto e rivendicò per i fascisti la responsabilità e l'"onore" della distruzione della sede dell'"Avanti". Ciò mutò radicalmente l'indirizzo pacifico che il movimento aveva avuto fino ad allora, determinandone quel carattere sopraffattore e violento, che lo avrebbe poi per sempre contraddistinto. Nel novembre 1919 si
presentarono alle elezioni politiche nel collegio di Milano con capilista
Mussolini, Toscanini e Marinetti, ma non ebbero
alcun eletto. Sembrò quella essere la loro fine.
I BRACCIANTI E I COLONI (proprietari e affittuari) erano organizzati in Leghe e Cooperative, e l’obiettivo per tutti era difendere questi lavoratori, oltre a trovare il modo di battere la disoccupazione. C’erano le Leghe e Cooperative ‘rosse’ con i
socialisti e le Leghe e cooperative ‘gialle’ con i repubblicani. I
sindacati “rossi” avevano 1920 iscritti di cui 1253 braccianti, 545
coloni, 169 operai dell’industria. Le elezioni politiche nazionali del 16 novembre 1919 ad Alfonsine diedero questo risultato: socialisti 1621 Repubblicani 459 Liberali 99 Popolari cattolici 56. In provincia vinsero i Socialisti, mentre a Ravenna-città i Repubblicani. DI FASCISTI ANCORA NEANCHE
L’OMBRA.
Anche
un altro famoso alfonsinese, Mino Gessi, probabilmente deluso per la
tiepidezza e le divisioni in seno al partito repubblicano, aderì al nuovo
movimento che, in quel primo dopoguerra, appariva più determinato nella
difesa di quei valori di amor patrio per i quali egli aveva combattuto
contro gli Austriaci. Mino Gessi Nel
corso di qualche manifestazione di socialisti capitò pure che alcuni
esagitati alfonsinesi prendessero pubblicamente di mira, oltraggiandola,
la bandiera nazionale, difesa, invece, da altri fra cui i fratelli Gessi
ed il loro cognato Mossotti. I
Gessi, fra l'altro, avevano tutti combattuto valorosamente ed avevano
visto perire nella Grande Guerra il cugino Ottorino, morto sul Carso nel
1916. In quel particolare momento a molti sembrava che solo il nuovo movimento fascista si desse da fare per difendere l'onore del Paese "Italia" contro coloro che inneggiavano alla rivoluzione, insultavano il tricolore ed additavano gli ex combattenti volontari come nemici da combattere.
Verso la fine del 1919 e l’inizio del 1920 l’episodio più eclatante che coinvolse il nostro territorio fu lo scontro tra socialisti e repubblicani sulla questione dell’”Umana”: si tratta di un territorio tra Anita e Longastrino dove all’epoca le acque si erano ritirate e il terreno rimasto all’asciutto era di 200 ettari. La lega dei braccianti di Alfonsine e di Longastrino pensò bene di mettere in produzione quei terreni per dare lavoro e da mangiare a tanti disoccupati. Per impedire che l’acqua potesse ritornare crearono un enorme fossato di protezione che venne poi chiamato “La Fossa dei Socialisti”. I braccianti
chiesero poi al proprietario Piancastelli di avere quella terra per
lavorarla con offerte di acquisto, e all’inizio il Piancastelli
accondiscese di darla alla Cooperativa di Longastrino. Ma poi anche la
Leghe “gialle” dei repubblicani scesero in campo con precise offerte,
che il Piancastelli ritenne più vantaggiose e la cedette a loro.
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