Si trattava del
nonno di Luigi Mercatelli, notaro, sposato con Scudellari
Angela nel 1813, che fu anche
vice-governatore di Alfonsine nel 1815 (e sicuramente fino al 1822),
quando il comune appena nato passò sotto la giudicatura di Ravenna
("Storia di Alfonsine" di R. Pasi pag. 190).
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Atto
del matrimonio del nonno Luigi Mercatelli |
Il padre di Luigi (il
nostro) si chiamava Lorenzo ed pure lui era "notaro", e
anche rappresentante del comune di Alfonsine dal 1876 al 1883 nel
consiglio provinciale di Ravenna (da Storia di Alfonsine” di
Romano Pasi pag. 284)
Luigi si
laureò in Giurisprudenza a Ferrara e si dedicò per un po' a fare l'avvocato.
ma poi fu attratto dal giornalismo patriottico. Corrispondente da
Roma, scrisse per il Corriere
di Napoli, per passare poi a il Mattino di Scarfoglio e Matilde Serao,
coi quali sostenne la politica di Crispi e l'espansione coloniale in
Africa. Diventò poi corrispondente dall'Africa prima del Corriere
di napoli, poi della
Tribuna di Roma, della quale divenne anche condirettore.
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Lettera
autografa firmata dell’avvocato, giornalista e diplomatico
italiano Luigi Mercatelli.
Roma,
5 febbraio, senza anno. su carta intestata "La Tribuna -
Direzione."
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“Carissimo Conte
M.....ni. La ringrazio della gentilissima sua lettera la quale è
venuta incontro a un mio vivo desiderio. Sono stato
trattenuto a venire da lei solo per la notizia della sua
malattia, avuta dal caro ...... (?). Ora vedo che cosa
accade. Domani io vado a Napoli per salutare il
Governatore alla sua partenza, poi torno a Roma. Se Ella parte
col Governatore la vedrò dunque a Napoli. Io sono all'Hotel
Ginevra. Se Ella come credo, ritarda la partenza di qualche
settimana la vedrò al mio ritorno, e spero che Ella
vorrà venire....”. |
Luigi
Mercatelli di Alfonsine, con fez e giacca coloniale italiana,
appositamente personalizzata. Si nota infatti la tasca
aggiunta lateralmente (Biblioteca Archivio
"Africana" Fusignano)
(cliccare
o toccare sulla foto per averla ingrandita)
Nella
foto Giovanni Pascoli a sinistra ride con sua sorella Mariù,
tra loro Bartolomeo Caproni e sulla destra Luigi Mercatelli
Fu
corrispondente di Giovanni Pascoli e inviato di guerra per tre volte
in Africa, per raccontare gli avvenimenti della guerra coloniale in
Etiopia, dell'occupazione dell'Asmara nel 1889.
Nel 1894 si trovò dentro
gli scontri di Meluja; nel 1895 a quelli di Coatit e Senafè e poi
all'occupazione di Adigrad. Fu presente anche alla prima (1890) e
seconda (1895) occupazione di Adua e all'attacco di Debra-Ailat, non
rifiutandosi di imbracciare il fucile e partecipare ai
combattimenti.
Nel 1896 tornò a Roma,
dopo le sfortunate vicende belliche con gli etiopi.
Traduttore
per l’editore Treves del Germinale di
Émile Zola (Milano 1893), il Mercatelli fu molto vicino a G.
Pascoli che in una lettera scritta da Barga il 10 ott. 1897 lo
definì «il più caro dei miei amici».
Pascoli
gli riconobbe una funzione ispiratrice nella composizione di Odi
e inni, e ne apprezzò la prosa, che giudicava magistrale
al punto da inserire alcuni suoi articoli (Le
batterie siciliane a Adua, Il
maggiore Toselli, La
tomba del capitano Carchidio, Ras
Alula) nella celebre antologia da lui curata per le
scuole secondarie inferiori (Fior
da fiore. Prose e poesie scelte, Milano-Palermo 1902, pp.
344-363).
I
due condivisero, inoltre, una sorta di «socialismo
patriottico», un socialismo «dell’umanità», che non
avrebbe contrastato secondo Pascoli con il desiderio e
l’aspirazione all’espansione coloniale (cfr. Lettere
inedite di Giovanni Pascoli a L. M., a cura di G.
Zuppone-Strani, in Nuova
Antologia, 16 ott. 1927, pp. 427-441, in partic. pp.
427-429).
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Il
Mercatelli è citato anche da A. Gramsci ne "I Quaderni
del Carcere", dove analizza le lettere di
corrispondenza tra il Pascoli e il Mercatelli:
"In una lettera scritta da Barga il 30 ottobre
1899 il Pascoli scrive: «Io mo
sento socialista, profondamente socialista, ma socialista
dell’umanità, non di una classe. E col mio socialismo, per
quanto abbracci tutti i popoli, sento che non contrasta il
desiderio e l’aspirazione dell’espansione coloniale. Oh!
io avrei voluto che della colonizzazione italiana si fosse
messo alla testa il baldo e giovane partito sociale; ma ahimè
esso fu reso decrepito dai suoi teorici». (Vedere
nell’opera poetica del Pascoli il riflesso di questa sua
concezione e nelle Antologie scolastiche)." ......
..... In una lettera senza data, ma che lo Zuppone-Strani
dice scritta da Barga sul finire del 1902 o nella prima metà
del 1903 è scritto: «Eppure il
poeta ti ama là, ti vede là, ti sogna là, eppure il
patriota e l'”umano” (“socialista”
non mi conviene più essere chiamato e chiamarmi) si esalta
nel saperti investito d’una altissima missione d’utile o
onore italico e di civiltà. Ti chiamavo “negriero”, e tu
vai a distruggere i negrieri» (il Pascoli chiamava
scherzosamente il Mercatelli «ras», «negriero», ecc.). E
più oltre: «Perché a rifuggire
dal socialismo politico dei nostri giorni aiuta me non solo
l’orrore al dispotismo della folla o del numero dei più ma
specialmente la necessità che io riconosco e idoleggio,
d’una grande politica coloniale». |
Da osservatore attento
Mercatelli fece studi sui problemi dell'Africa tanto che nel 1898 fu incaricato
dal Governatore F. Martini, al quale, l’anno precedente, era
stato affidato il compito di consolidare l’amministrazione civile
dell’Eritrea, di reggere l'Ufficio di capo di Gabinetto di
Regio Commissario civile dell'Eritrea, nominato poi Ufficiale
Coloniale di 1° classe.
Nel
marzo del 1900 tuttavia, in seguito a dissidi di carattere
personale con il governatore, il Mercatelli rientrò in Italia
e riprese l’attività giornalistica alla Tribuna, nel
momento in cui il quotidiano, con l’avvento alla direzione
di L. Roux, stava assumendo una linea sempre più vicina a G.
Giolitti.
È probabile
che in questo periodo si andassero consolidando i rapporti con
Giolitti, che, divenuto ministro dell’Interno nel febbraio
1901, lo chiamò a dirigere l’ufficio stampa del ministero,
nell’ambito della segreteria particolare del ministro.
Il Mercatelli.
ricoprì tale incarico per due anni che avrebbe poi rimpianto
ricordando, in una lettera scritta da Zanzibar allo stesso
Giolitti, i «bei tempi», durante i quali aveva avuto
l’opportunità di conoscere «da vicino» lo statista
piemontese (Roma, Archivio centr. dello Stato, Carte
Giolitti, 1° e 2° versamento, b. 26, f. 71/4: lettera del 26
nov. 1903).
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Nel 1903
venne nominato Console Generale del Regio
Governo dello Zanzibar.
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A Roma il Mercatelli
rimase fino al maggio 1903, quando, su indicazione di
Giolitti e del ministro degli Esteri T. Tittoni, fu inviato
come console a Zanzibar, con l’incarico di
commissario generale per la sorveglianza della Società
commerciale del Benadir, per dare un ordinamento più
razionale ed efficace alla gestione della colonia.
Ebbe un ruolo
importante nella politica coloniale italiana in Somalia, in
quanto si trovò a gestire il passaggio della colonia
all’amministrazione diretta dello Stato.
Nel marzo
1905 venne nominato commissario generale della Somalia
italiana, con l’incarico di ricevere in consegna la
colonia. A lui si deve la stesura del Progetto di
ordinamento della Somalia italiana meridionale (Roma
1905), che costituisce il primo tentativo di riorganizzare la
presenza italiana nella regione.
Lo
sforzo del M. fu quello di consolidare la colonia in modo graduale,
cercando di non accentuare i conflitti con i settori tradizionali
della società somala e affermando il primato del potere civile
sull’elemento militare. Egli tentò di dar vita a un modello che
introducesse una legislazione ispirata al diritto italiano e lasciasse
l’amministrazione dell’ordinamento consuetudinario ai tribunali
indigeni.
Nei
riguardi della schiavitù – la cui mancata soppressione era
stata all’origine di un’inchiesta che aveva indotto il governo a
togliere la delega per l’amministrazione della colonia alla Società
anonima commerciale italiana del Benadir – intese adottare un
atteggiamento gradualistico, sopprimendola all’interno delle zone
urbane, ma tollerandola nelle aree a economia agricola, in cui il
lavoro servile era prevalente.
Sul
piano della politica religiosa portò avanti una linea
filoislamica, impedendo l’insediamento nella colonia di
missioni cattoliche italiane, il cui piano era stato stabilito dalla
S. Sede sin dal 1903.
Gli
intenti riformatori suscitarono reazioni apertamente ostili nei
riguardi del Mercatelli, la cui azione in Somalia – tra la fine di
novembre e l’inizio di dicembre 1905 – fu al centro di un’interrogazione
parlamentare e poi di un’inchiesta disciplinare del ministero
degli Esteri. Le accuse si concentrarono sull’anomalo cursus
honorum del
console, giunto a ricoprire tale carica senza seguire la consueta
carriera del corpo diplomatico, su irregolarità commesse
nell’attribuzione del valore dei nichelini in colonia, sulla
proscrizione dalla Somalia del prefetto cattolico inviato dalla S.
Sede con il consenso del governo.
L’affaire,
che trovò ampio spazio anche sugli organi di stampa, fu costruito
da ambienti conservatori, a vario titolo toccati dalla linea
adottata dal Mercatelli in colonia: la vecchia Società del
Benadir, una serie di ufficiali della Marina, alcuni settori del
mondo cattolico.
Il
29 maggio 1906 il Consiglio del ministero degli Affari esteri
assolse il Mercatelli da tutte le accuse presentate a suo
carico, ma nel mese di aprile egli era stato comunque richiamato a
Roma.
Il
Mercatelli proseguì la sua carriera in campo consolare senza
distinguersi, per un certo periodo, per particolari
iniziative.
Dal
1906 al 1908 fu a Calcutta con patente di console generale e
nel medesimo incarico fu a Melbourne dal 1908 al 1911. Il 5
giugno 1911 venne trasferito nella carriera consolare, con il grado
di console generale di prima classe e destinato a Tripoli.
Pur trattandosi di una collocazione particolarmente delicata che
coincideva con la preparazione diplomatica della conquista della
Libia, il Mercatelli non esercitò le sue funzioni poiché, nel
novembre dello stesso 1911, venne chiamato nuovamente da
Giolitti presso la presidenza del Consiglio, con funzioni di capo
del servizio stampa. Per conto di Giolitti, dopo i primi
successi militari italiani, il Mercatelli partecipò nell’ottobre
1911 a trattative extraistituzionali per la pace con
l’Impero turco.
Nel
1913, con l’uscita di scena di Giolitti, il Mercatelli
venne trasferito nella carriera diplomatica e posto a disposizione
per qualche mese del neocostituito ministero delle Colonie.
Dopo un anno trascorso al Cairo come agente diplomatico e
console generale, nel 1914 fu nominato inviato straordinario e
ministro plenipotenziario della legazione italiana a Rio de Janeiro
(di questo incarico è frutto la relazione Il
commercio dell’Italia col Brasile, Roma 1914).
Il
1° ag. 1920, poche settimane dopo la formazione del quinto
governo Giolitti, venne nominato governatore della
Tripolitania. Giunto in colonia il 26 agosto, si trovò a
gestire una situazione complessa e confusa, in cui azioni di
resistenza antitaliana si sovrapponevano alle irrisolte contese
arabo-berbere. In Tripolitania portò avanti una prudente linea di
pacificazione, tentando di favorire la composizione dei conflitti
tra Arabi e Berberi e aprendo colloqui con i capi arabi più
influenti. Tra il novembre 1920 e l’aprile 1921 favorì le
trattative tra la commissione libica del Garian e il governo di Roma
per ottenere la liberazione dei circa 200 prigionieri italiani di
Misurata in cambio di una revisione dello statuto concesso
dall’Italia nel 1919.
Una volta ottenuto, nell’aprile 1921, il rilascio dei
prigionieri – anche grazie all’intermediazione del Partito
socialista italiano (PSI) – il governo non assecondò le richieste
avanzate dai Libici optando per una linea dura in Tripolitania che,
dopo la crisi di governo del mese di luglio, si concretizzò nella
sostituzione del Mercatelli con G. Volpi.
Nel
1921 fu nominato ambasciatore
a Rio de Janeiro, dove morì il 4 aprile 1922. |