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La storia delle "scarpe di Garibaldi"

di Luciano Lucci

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MA DOVE SARANNO FINITE LE SCARPE DI GARIBALDI?

Nel dopoguerra molti ricordano che davanti alla bella casa detta di ‘Garibaldi’: ne era proprietario Garibaldo Andraghetti, che faceva il calzolaio. La casa l'aveva comprata fin dal 1925 da Clotilde Minguzzi. 

Il calzolaio aveva arredato il cortile d'ingresso di due colonne con sopra due grandi scarpe in gesso bianco: le aveva realizzate, Domenico Carioli (“Campané”)  che, oltre a fare il sarto in via Tranvia, si dilettava anche di sculture in gesso oltre che in poesie. Il sarto Campané era amico della famiglia Andraghetti che gestiva la calzoleria nella bella casa di proprietà: calzoleria detta proprio 'd'Garibaldi'. Le scarpe stile inglese figuravano sulle due colonne come insegna.

 

 

 

 

 

 

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Domenico Carioli (“Campané”), l'autore della scultura

 

 

 

 

Si salvarono dalla guerra e dai bombardamenti, come pure la casa. 

Nell'immediato dopoguerra Garibaldo Andraghetti fu colpito da paralisi. Alla sua morte la figlia Linda con la madre Marta Celati si trasferirono a Bologna. 

Linda morì a 32 anni nel 1955 a Bologna di malattia. La madre, rimasta sola, sopravvisse ancora per qualche tempo, poi fu ricoverata in una clinica a Bologna. Aveva comunque delegato i suoi due fratelli di Migliarino di Ferrara (con procura scritta) per la vendita della casa di via Mameli n° 50 di Alfonsine. Vendita che venne ratificata ufficialmente nell'aprile del 1957.

Il nuovo proprietario, che acquistò la casa dalla vedova Andraghetti, Marta Celati, fu Adamo Tambini, il marito della sorella di Mario Argelli, che si era sistemato qui con la famiglia già nel 1956.

Allegro Randi l'ha raccontata così: "Un giorno Mario Argelli, con cui avevo una stretta amicizia, mi venne a cercare per aiutare suo cognato Adamo, che faceva dei lavori in quella casa. Bisognava sgomberare anche le due colonne, su cui c'erano ancora le due scarpe. Io chiesi ad Adamo dove mettiamo le scarpe?"
    Lui rispose: "Spaca, Spaca!". Guardai Mario e gli dissi: "Dai ciapa, le  mettiamo dietro la casa, non si sa mai!". 
    Qualche giorno dopo gli chiesi se erano ancora lì. 
    Lui mi rispose: "No quella rotta l'hanno buttata via e l'altra è stata conservata, ma non mi disse dove..."

In soffitta c'era sicuramente  lo stampo (in negativo) in gesso delle scarpe, come mi ha testimoniato Vanna Tambini, figlia di Adamo, "... sgombrando la soffitta quando mio babbo nel 1978 ha ricavato due appartamenti da quella casa, lo stampo fu buttato giù dalle piccole finestre che si vedono in alto. Non c'era altro.

Ma quella ancora intatta?

Quindi sappiamo che  il calco (negativo) per fare le scarpe era nella soffitta della casa e nel 1978 fu gettato giù nel cortile dove si sfracellò.

Ma delle due scarpe ora rimane come unico indizio la testimonianza di Randi Allegro, per cui una scarpa potrebbe essersi "salvata", da qualche parte. 

Forse Mario Argelli avrebbe potuto darci qualche informazione, ma purtroppo è deceduto circa una decina di anni fa.

 

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