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Alfonsine

| Ricerche sull'anima di Alfonsine |

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Santuario della 
Madonna del Bosco

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La prima immagine venerata nel santuario della Madonna del Bosco

Ceramica in rilievo decorata su maiolica, anteriore al 1714

 

"Era questo un quadretto di maiolica in bassorilievo..."

Sommario

un click o un tocco per trovare:
Dove si trova Una cartina mostra come arrivare al Santuario
Documenti storici Sono indicate le fonti storiche a cui si riferiscono tutti gli scritti sul Santuario
Origine ed evoluzione del culto (siete qui) Si racconta come ebbe origine il culto della Madonna del Bosco e come si è evoluto nel tempo
Le tavolette votive Sono riprodotte le 47 tavolette votive, con informazioni su ciascuna di esse. Il formato digitale è ad alta risoluzione
Storia del Santuario Si racconta la storia della prima costruzione, delle distruzioni e ricostruzioni varie del Santuario

Molte delle informazioni sono tratte dal libro di Maria Elisabetta Ancarani "Per Grazia Ricevuta" Ed. Il Girasole maggio 2001

L’origine del culto

 "Verso la fine di marzo dell'anno 1714 si faceva taglio di pia[n]te per commando, e servizio de Sig.ri Spreti nel bosco di una sua tenuta, detta la Raspona [...]. Accadde dunq[ue] per disposizione di quell'Iddio, il quale è l'arbitro sì della vita, che della morte d'ogn'uno, che una di quelle piante che si tagliavano, investita nello stesso tempo da più gagliardi colpi venne a cadere come all'improvviso con tutto il corpo et un suo grosso ramo percosse così malam[en]te, in testa un povero contadino che con un altro compagno s'affaticava con la scure alla piè d'un albero vicino per atterrarlo che vi rimase morto sotto miseram[en]te. Chiamavasi egli Domenico poco in testa..."  

 

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Così esordisce nelle primissime pagine il “manoscritto Fiori”. 
(Il manoscritto Fiori lo trovate interamente cliccando o toccando qui) 

Il registro dei morti della chiesa arcipretale di Alfonsine precisa che la morte del bracciante, seguita immediatamente all'incidente, avvenne il 10 aprile 1714.

All'origine del culto c'è dunque un tremendo quanto comune incidente: alcuni braccianti di Alfonsine stavano abbattendo alberi in una tenuta dei marchesi Spreti, detta " la Raspona " in quanto precedentemente di proprietà dei nobili Rasponi, quando all'improvviso un grosso ramo, cadendo, uccise un operaio.  

 Il fattore dei Marchesi Spreti, Matteo Camerani di Alfonsine, che sorvegliava i lavori di abbattimento del bosco e che fu testimone della disgrazia, volle seguire l’usanza, diffusa in Romagna a quei tempi, di porre un’immagine sacra sul luogo dove era avvenuto un delitto o un incidente mortale per ricordare il fatto e invitare i passanti alla preghiera.

Scelse una vecchia raffigurazione che teneva da tanti anni sopra il letto, e alla quale insieme alla moglie era legato da una particolare devozione.  Così si legge nelle “Notizie Historiche della Beata Vergine del Bosco”  di G.F. Rambelli.

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L’immagine, di manifattura ignota e datata anteriormente al 1714, era contenuta in "un quadretto di maiolica in bassorilievo  con doppia cornice ottagonale; la Vergine vi era figurata seduta col Bambino in braccio, appena coperto da una benda a' lombi, e la madre con manto arabescato a fiori e coronata siccome il Bambino".

Il Camerani pose l'immagine non sopra l'albero da dove era caduto il ramo, giudicato troppo pericolante e instabile, ma sopra un albero attiguo. 

 La zona era molto frequentata, essendo un punto di passaggio soprattutto per molte donne e fanciulle che si recavano a far legna al bosco. Molti erano anche i viandanti che volevano andare oltre il fiume Po, costretti a fermarsi in attesa di traghettare. Lì infatti c'era una barca per il traghetto ("il Passetto", che così si chiamava allora, è il nome che ancora oggi caratterizza la zona). Capitava quindi che in molti si fermavano a recitare rosari o brevi preghiere.

I primi prodigi

Fu così che accaddero i primi prodigi.

Il primo evento accadde poco tempo dopo l'inizio della venerazione della Madonna posta sull'albero.

Estate 1714

Una donna di Piangipane, Antonia Battaglia, sposata a Sante Cortesi di Alfonsine, ammalata fin dal 1708, inabile a qualsiasi più piccola faccenda di casa, non avendo trovato alcun rimedio per il suo male, decise di ricorrere all'aiuto della Vergine che si venerava nel bosco degli Spreti, facendole promessa di visitarla per tre sabati consecutivi. Narra il Padre Agostino Romano Fiori che il primo sabato non ebbe nessun miglioramento, ma senza perdere la speranza nel secondo sabato ottenne una guarigione immediata.

1° maggio 1715

Il secondo evento, nel maggio del 1715, una giovane donna di Alfonsine, oppressa da certi forti dolori alla vita, ottenne la guarigione.

   (dal manoscritto Fiori)

"... L'anno seguente 1715, il primo giorno di maggio si fé condurre a venerare la pred[ett]a sagra immagine con viva fede di essere graziata una donna, che da tre mesi continui pativa acerbi dolori per tutta la vita, et avanti la stessa immag[in]e si sentì libera da tanto male, che come ella attestò, pareva che continuam[ent]e la divorasse. Avvenne però che dopo alcuni giorni se sentì soprafatta da nove doglie che la rendevano incapace quasi affatto per le faccende della sua casa, convenendole andare molte volte appoggiata a qualche bastone, e con pene; vi si aggiunse la febbre di un mese, che però la povera donna ricordevole della grazia già ricevuta e insperanzita di riceverne un'altra di nuovo per intercessione della B[eatissi]ma Vergine, promise di visitare per tre sabbati la sua sagra immag[in]e di cui scrivo, e cominciò a migliorare lo primo stesso sabb[at]o nel quale cominciò ad eseguire quanto aveva promesso, seguitando a star sempre una volta meglio, in modo tale, che nell'ult[im]o sabb[at]o si trovò quasi affatto libera, rimastale una sola piccola flussione ne piedi, per la quale sentiva qualche fastidio nel camminare, ma continuando essa a raccomandarsi di cuore alla Regina delle grazie, da lì a poco si ritrovò in perfetta salute. Chiamavasi q[ue]sta donna Nunziata, haveva anni 27 e suo padre era Fran[ces]co Minguzzi della parochia della Alfonsine"      

Questo manoscritto non fu mai stampato integralmente. 

Eraldo Baldini, noto scrittore di S. Pancrazio, trovò alla Classense una copia dei "manoscritti Fiori" che non fu mai data alle stampe: copia manoscritta e senza illustrazioni. Nel 2023 il Baldini ne ha fatto la completa trascrizione (non facile, vista la grafia). "Non è mi stato pubblicato integralmente - mi ha scritto Baldini - in caso di utilizzo chiedo solo che si menzioni che ho fatto io la trascrizione"

(Cliccare o toccare qui per arrivare alla sua completa trascrizione)

L'immagine fu spostata sull'albero vicino
(14 giugno 1715)

 La fama di questi eventi si diffuse rapidamente. Cominciò ad affluire sempre più gente che portava anche molte elemosine. Il Camerani le raccolse in un'apposita cassetta per la manutenzione dell'immagine. 
Poi il 14 giugno 1715 decise di trasportare l'immagine sull'albero vicino dove era stato colpito il Pochintesta. Non gliel'aveva messo subito perché quell'albero era quasi tagliato totalmente alle radici e sarebbe potuto cadere. Aveva anche poche foglie, ma era ancora in piedi, anche se la si giudicava prossima a seccarsi. ma non appena vi fu collocata la targa, l'albero si coprì di fronde e foglie, mentre l'altro albero che aveva sostenuta l'immagine fu spogliato da foglie e rami dai fedeli, il tronco fu consumato scheggia a scheggia poiché tutte le sue parti erano considerate come delle reliquie.          

Luglio 1715

Il terzo evento avvenne nel luglio dello stesso anno quando Andrea Baldassarre Bonanzi di Ravenna condusse il piccolo figlio Raimondo, di tre anni presso la sacra immagine, in quanto colpito da febbre continua ed impossibilitato a mangiare. Il bambino guarì all'istante e il padre, notaio ravennate, si affrettò ad autenticare la grazia.

   (dal manoscritto Fiori).

"... Verso la fine di luglio un cittadino di Ravenna p[er] nome Andrea Baldassarri Bonanzi, notaro colleggiato di Ravenna nella persona di un suo picciolo figliolo, p[er] nome Raiomondo, di cui in forma autentica attesta una grazia ricevuta con i precisi termini, che io fedelmente trascrivo. Attesto io infrascritto qualmente ritrovandosi un mio figliolo p[er] nome Raimondo aggravato per giorni venti da febre continua per lo che lo raccomandai alla s.s. Vergine detta del Bosco, che lo volesse liberare da detta febbre, [...],  lo condussi meco avanti e sopra il mio somaro, essendo detto figliolo in età d'anni tre compiti,  , quale a causa del d[etto] male così aggravato non mangiava di sorte alcuna, se non ben poco [...] e sub[it]o arivato avabnti detta B[eat]a Vergine e fatta bacciare la d[ett]a immagine da esso mio figliolo sub[it]o cominciò alla presenza di tutto il popolo, che era numeroso, a discorrere, e cominciare a mangiare certi biscottini che portai meco, quali avevano toccata d[etta] s.s. Imag[in]e e sub[it]o cessò la febre  [...] In fede - Andrea Baldassarre Bonanzi attesto et affermo quanto di sopra e questa attestaz[ion]e è stata legalizzata et autenticata sotto il giorno decimo di settemb[r]e 1715 [...]"

 

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Immagine tratta da una ceramica (vedi sotto) che si conserva presso una famiglia di Alfonsine

 

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Sopra l'immagine posta sul nuovo albero fu fatta una capannina di stuoie per far scolare l'acqua piovana. Sotto fu posta una semplice tavola di legno con alcune candele accese; davanti fu appeso un lanternino che ardeva continuamente, mentre ai lati furono poste due spalliere che raccoglievano i vari ex-voto: "voti, tavolette, archibugi, pistole spezzate, grucce, vezzi di coralli, anella, ed altri ornamenti femminili. Né a decorare il quadretto mancarono appresso bei doni, fra' quali un cristallo da ricoprirlo che mandava la pietà della contessa Samaritani ravignana" 

(da 'Notizie Historiche della Beata Vergine del Bosco' di G.F. Rambelli)

Liti, discussioni e contese tra la Curia di Faenza e il rettore della chiesa Santa Maria di Alfonsine

 

Verso la fine di luglio del 1715 il Vescovo di Cervia Mons. Camillo Spreti, in villeggiatura nella sua villa della parrocchia di Santerno, venne a conoscenza che nella tenuta di Alfonsine della sua nobile famiglia si trovava un'immagine miracolosa. S'informò presso il fattore Camerani e si fece consegnare le offerte raccolte che superavano i quattrocento scudi, e volle che in futuro fossero tutte affidate a lui. Informò il vescovo di Faenza, il Cardinale Giulio Piazza, Legato di Ferrara, dove pertanto aveva la sua dimora, dell'intenzione della sua famiglia di innalzare una chiesa intitolata alla Vergine del Bosco, viste le innumerevoli offerte. A un'eventuale mancanza di danaro, oltre le offerte avrebbe supplito la famiglia Spreti.

 

Ma il 5 agosto, festa della Beata Vergine della Neve, l'arciprete di Fusignano e provicario di Alfonsine Don Francesco Maria Rocchi, su mandato del Vicario Generale di Faenza Mons. Piccarelli, andò a Madonna del Bosco con l'intenzione di portare a Faenza l'immagine, dopo aver avvisato per lettera Mons. Spreti. 

 

Scontro fra marchesi: Calcagnini contro Spreti

 

La chiesa di Alfonsine dipendeva a quei tempi dall'arciprete di Fusignano. Non era ancora parrocchia autonoma e il suo incaricato era denominato Rettore. Su entrambe le parrocchie avevano il giuspatronato i marchesi Calcagnini di Fusignano.

Mons. Spreti, Vescovo di Cervia, aveva appena ricevuta la lettera del cardinale Piazza che era favorevole alla proposta fatta di costruire lì una chiesa, quindi si incontrò con don Rocchi e insieme i due stabilirono che l'immagine doveva rimanere dov'era, con gran sollievo dei fedeli.

 

Ma il 16 agosto, con una lettera del Vicario Generale di Faenza Mons. Piccarelli, di nuovo don Rocchi si presentò per togliere a tutti i costi la targa dall'albero. Mons. Spreti che si trovava ad Alfonsine arrivò immediatamente, ma dovette rispettare  i poteri di Mons. Piccarelli e acconsentire alla rimozione dell'immagine. Intanto moltissimi fedeli erano accorsi per impedire tale allontanamento dell'immagine.

 

L'incaricato che doveva staccare l'immagine dall'albero non vi riuscì, nonostante i violenti sforzi per rimuoverla. La gente intorno esultò di gioia al nuovo miracolo, che fu interpretato come un indiscutibile segno della volontà divina. Confuso il provicario don Rocchi dovette desistere dall'impresa.

Mons. Spreti affidò allora l'incarico di custode temporaneo della cura dell'immagine e delle offerte a un suo famigliare, don Francesco Gamberoni. Le offerte erano arrivate va oltrepassare i mille scudi, e i doni preziosi ammontavano a un valore di duecento scudi.

 

Il nuovo rettore della chiesa S. Maria di Alfonsine don Agostino Tosini andò di nuovo alla curia vescovile di faenza per portare alla chiesa di Alfonsine l'immagine e le elemosine fossero utilizzare a beneficio di tale chiesa, che sappiamo era bisognosa di forti interventi di recupero, perché ormai quasi cadente.

Grandi furono le liti e le discussioni tra le due nobili famiglie : i Calcagnini e gli Spreti. Visto poi che la curia di Faenza si era schierata con gli Spreti non si intravvedeva nessun mezzo di conciliazione. La questione fu presentata a Roma, su richiesta esplicita di don Tosini. 

 

17 giugno 1717

 

La Sacra Congregazione dei Vescovi e dei Regolari di Roma il 17 giugno 1717 sentenziò che la immagine della Beata Vergine del Bosco rimanesse dov'era, e che con le offerte raccolte le si erigesse una chiesa decorosa; accettò l'offerta dei Marchesi Spreti che si dichiararono disposti a provvedere personalmente a quanto fosse mancato per l'intera costruzione del tempio, impegnandosi a fornire anche le opportune suppellettili.

 

A questo punto non mancava altro che l'inizio dei lavori

              (dal libro di Maria Elisabetta Ancarani "Per Grazia Ricevuta")

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