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Alfonsine

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La caduta del fascismo ad Alfonsine
Il 25 luglio del 1943

(le foto sono di Bruno Pagani)

La sera del 25 luglio del 1943 la radio annunciò inaspettatamente che il governo fascista era stato destituito dal Re, che Mussolini era stato arrestato dai carabinieri e che il generale Badoglio era stato incaricato di costituire un nuovo governo. Erano quasi le 22,45 e molti alfonsinesi erano già a dormire, salvo i soliti nottambuli da osteria e caffé. 
C'era stata una burrascosa riunione del Gran Consiglio del partito fascista, provocata dalle pesanti sconfitte subite sui vari fronti: si era conclusa con una votazione che aveva messo Mussolini in minoranza. Il re ne aveva approfittato per liberarsi della dittatura fascista e instaurare una dittatura monarchica, con a capo il Maresciallo d'Italia Pietro Badoglio. 

Solo gli alfonsinesi nottambuli appresero la notizia in tempo reale

La sera del 25 luglio, racconta Tonino d'Cai - lui e un gruppo di amici del suo bar avevano deciso di andare a teatro, dove si sarebbe svolta una commedia di Goldoni, recitata dalla Compagnia di Maria Melato. Nella piazza di Alfonsine era stato installato anche il teatro tenda di Zanoni, dove ogni sera si rappresentavano commedie. 

Noi però decidemmo di andare a vedere lo spettacolo di prosa al Teatro Aurora. Stava per terminare lo spettacolo, quando si avvicinò un nostro conoscente: era un cliente del bar, un amico di famiglia (di soprannome lo chiamavano "Cavallotti", alludendo a quel famoso Cavallotti che, in Parlamento, sfidò un suo collega a duello) ci gridò, con gioia e entusiasmo, di avere ascoltato il giornale radio, in cui, con sua grande sorpresa, era stato dato l'annuncio della caduta di Benito Mussolini. A quel punto, assieme ad altri, decidemmo di tornare a casa per avere ulteriori informazioni. 
Il mio bar, che era situato dove oggi c'è l'albergo "Al Gallo", era già chiuso, così accompagnai gli amici William Baldrati e sua cugina Lea per un tratto di strada, e, dopo averli salutati, tornai a casa. 
Nel bar erano rimasti alcuni clienti che insieme a mio fratello Mino ascoltavano con grande apprensione le notizie riguardanti la nuova situazione creatasi in Italia per la caduta di Mussolini.


Il 26 Luglio 1943

Nelle prime ore del pomeriggio già si videro per le strade di Alfonsine, circolare pattuglie di militari italiani del nuovo esercito di Badoglio. Questi 'badogliani' cominciarono a pattugliare la casa del fascio, la caserma dei carabinieri, il municipio e il paese intero. 

 

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Nel pomeriggio, intorno alle 17,30, si sentì un gran vociare proveniente dal ponte della piazza. 
Un assembramento di persone, composto in gran parte da giovani donne, che gridavano "vogliamo la pace, basta con la guerra", si diresse di buon passo verso la Casa del Fascio, dove un drappello di badogliani faceva la guardia al portone. La gente incuriosita si aggregò per vedere cosa succedeva. Nacquero così quelle che furono definite manifestazioni spontanee, ma che in realtà erano animate e promosse dai nuclei di antifascisti clandestini, e in particolare dalla struttura dei militanti del PCI, che uscirono allo scoperto per la prima volta ed ebbero in quell'occasione l' opportunità di mettere alla prova la loro capacità di mobilitazione, organizzazione ed egemonia.
La gente si diresse subito alla Casa del Fascio e al Municipio. Dopo aver forzato la debole resistenza di alcuni militari badogliani alcuni riuscirono a penetrare nella Casa del Fascio e nel Municipio.
Ma sentiamo ancora dal racconto di Tonino:
"Incuriositi da queste grida tutti i clienti del bar uscirono di corsa e si unirono al gruppo dei manifestanti. Anch'io chiusi il bar ed andai assieme agli altri.
Arrivati di fronte ai militari ci trovammo in una situazione critica, perché loro cercavano di allontanarci dalla porta, ma noi eravamo decisi ad entrare, e così fu. Con una spinta aprimmo la porta che era semichiusa. Una mia amica coetanea di nome Diva Troncossi, (
futura moglie del maestro Gigino Mariani ndr) era vicino a me. 

Salimmo le scale di corsa e ci trovammo in tre dentro una grande sala. 

 

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La grande sala interna della Casa del fascio di Alfonsine

 

Mi diressi svelto svelto verso il balconcino che dava sulla strada, smontai in fretta le insegne fasciste gettandole di sotto, mentre Diva rompeva i vetri delle finestre. Fidéna (Buonafede Servidei), un cliente abituale del mio bar, aveva preso un grande cassetto, che conteneva le schede e le tessere fasciste degli alfonsinesi, e ne rovesciò il contenuto giù dalla finestra sul resto del gruppo, che era rimasto fuori, e che si precipitò a farne un falò."

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La foto sopra e quelle sotto mostrano i falò davanti alla Casa del Fascio e al Municipio. Un gruppo di manifestanti è al centro di piazza Monti. Si vedono anche i soldati "badogliani. "

 

particolare della foto precedente: i soldati badogliani in primo piano, 
sul balcone della Casa del Fascio Tonino d’Cai

 

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Con una lunga scala appoggiata al balcone del Municipio Vittorio Bonetti, detto Fiamètt, era riuscito ad entrare nel palazzo.

 

Vittorio Bonetti (Fiamett) con un'ascia abbatte le insegne del fascio, sul balcone del municipio


Il clima emotivo si era fatto piuttosto "caldo". Si formarono anche dei gruppi spontanei di persone sui quaranta e cinquant'anni, che si armavano con le catene delle biciclette per andare alla ricerca di quei fascisti che, molti anni prima, li avevano picchiati col manganello, o costretti a bere olio di ricino. 
Ci fu qualche episodio di violenza, in particolare contro un noto fascista di origine lughese soprannominato "Foto".

L’immancabile falò

Dopo aver gettato giù dagli uffici vari documenti fu fatto un gran falò: si sa agli alfonsinesi il fuoco è sempre piaciuto, forse perché sa di rito purificatorio.

Il 27 luglio ci fu un’altra grande manifestazione in piazza Monti, organizzata dai partiti antifascisti di popolo in cui si chiedeva la cessazione immediata della guerra, il rilascio di tutti i prigionieri politici rinchiusi nelle carceri fasciste. Alla fine della manifestazione alcuni gruppi cominciarono a muoversi verso le case dei fascisti più in vista, chiedendo la consegna delle divise fasciste o sequestrando beni alimentari, che furono portati in luogo pubblico e distribuiti ai più bisognosi.

Una donna raccoglie i documenti gettati dal balcone della Casa del fascio

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Una testimonianza di questi episodi si trova nel libro della signora Germana Santoni Faggioli edito da Regione Letteraria 1974 dal titolo "... Poi riprendemmo a vivere", e dalla foto in cui si vedono i manifestanti davanti alla casa Faggioli in Corso Garibaldi. I Faggioli era una famiglia di ricchi possidenti di Alfonsine, ritenuti dalla gente che manifestava sostenitori e finanziatori del fascismo, come lo erano stati tanti altri 'ricchi' alfonsinesi. Non risulta che nessuno di questa famiglia abbia mai svolto un ruolo militante o di prima fila nella gestione del fascismo ad Alfonsine.
"25 luglio 1943 - Come una folgore - racconta la signora Germana Faggioli Santoni - si diffonde rapida la notizia: il governo fascista è crollato! Voci imprecise si ingigantiscono nel corso della notte calda e stellata: "Mussolini è stato arrestato!". "No! è fuggito!". "No! è prigioniero del Re!".

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Assembramento di manifestanti davanti alla casa dei Faggioli, in Corso Garibaldi di Alfonsine


La notte agitata trascorre insonne! Il mattino successivo un fermento pauroso turba gli animi! Sulla strada uomini e donne coi visi sudati e sconvolti urlano agitati, strappano distintivi e tentano di entrare nelle case arrampicandosi minacciosi sui cancelli, scuotendoli freneticamente. Quando si presentano davanti a casa nostra cerchiamo di convincerli alla calma intrattenendoli in colloqui il più possibile persuasivi, ma non siamo tranquilli fino a quando non li vediamo allontanarsi, sia pure con minacce e atti ostili. A casa del babbo Aurelio c'è una vera e propria invasione, che prende aspetti preoccupanti. Mio suocero, che è in mezzo al cortile sulla sua carrozzella da invalido, viene attorniato e interpellato con aggressività. Palmina, un'anziana e affezionata domestica, cerca di interporsi tremante e impaurita. Il gruppo dei dimostranti irrequieti entra rumorosamente in casa, fa razzia di tutto imprecando e bestemmiando. Ma c'è, imprevedibile, una nota di bontà. Quando il babbo, appoggiandosi faticosamente sui bastoni, segue gli intrusi ed entra con loro in dispensa dove il pavimento è alquanto umido e scivoloso, una donna del gruppo con spontaneità gli si avvicina e sostenendolo con premura lo accompagna. Se ne va poi con gli altri intonando inni rivoluzionari
."

Germana Santoni Faggioli


Coloro che manifestarono per la caduta del fascismo speravano nella fine immediata della guerra. Ma non fu così... il peggio doveva ancora arrivare.

 

 

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