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Alfonsine

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Per saperne di più su Fetonte:

1- Fetonte un giovane dio caduto... sulle 'alfonsine' 
2- Quando anche Greci, Etruschi, Celti  bazzigarono da queste parti
3- Alla ricerca della Spina I Gli scavi e le scoperte di Marino Marini (sei qui)
4- Fantarcheologia sulle origini degli alfonsinesi ‘Noi siamo figli delle stelle’

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Archeologia fantastica
Alla ricerca della Spina I

Gli scavi e le scoperte di

 Marino Marini

di Luciano Lucci


Consultando gli scritti di vari storici, antichi e moderni, miti e leggende famose, relazioni di geologi e geografi, si è arrivati a individuare il luogo dove un gruppo di greci a metà del secondo millennio prima di Cristo si fermò, creando una base per i propri commerci e il dominio del mare Adriatico. Quel luogo è il territorio su cui si estende il comune di Alfonsine e quel primo insediamento è chiamato la Spina I. 

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Martino Baldassarri, Marino Marini e la prof. Giovanna Bermond Montanari durante gli scavi nel Podere Boccagrande, nel 1983

Abbiamo visto che dopo molti secoli quel primo insediamento dovette essere spostato verso nord-est, perché a causa dell’apporto dei fiumi, che qui versavano le loro acqua torbide e limacciose, la linea di costa si spostò e su un nuovo cordone dunale risorse di nuovo la città di Spina, che gli archeologi oggi chiamano la Spina II. Di questa città mitica è stata trovata una necropoli nei pressi di Comacchio, ricchissima di oggetti preziosi (vasi, gioielli d’ambra, fibule, candelabri, statuine).

Ma della prima Spina cosa è rimasto?


Vista la lontananza nel tempo, e le vicissitudini idro-geologiche, nonché il fatto che la primitivo insediamento fu abbandonato, sarebbe un miracolo trovare qualche reperto archeologico che testimoni l’esistenza di quella città. 

Solo un sognatore come l’industriale Marino Marini poteva tentare di scoprire qualcosa.
Con tutta la documentazione possibile in mano ebbe l’idea di avviare uno scavo nel podere detto “Boccagrande”, nella Valle del mantello, comune di Argenta. Casualmente nel 1980 durante lavori di aratura erano state rinvenute materiale ceramico protostorico e strutture lignee di vario diametro piantate verticalmente nel terreno. Fu richiesto l’intervento della Soprintendenza dell’Emilia Romagna per i Beni Archeologici che documentò il tutto. Il toponimo “Boccagrande” suggeriva a Marino Marini che poteva essere lì l’antica foce dei fiumi Eridano, Santerno e Senio. 
Utilizzando anche le ricerche documentate dell’amico Ing. Arnaldo Roncuzzi di Ravenna che individuavano un lungo cordone dunoso 10 km ad ovest dell’abitato di Spina, nella tarda estate del 1982 Marino Marini, in collaborazione con la soprintendente dell’Emilia Romagna per i Beni Archeologici dott.ssa Giovanna Bermond Montanari, iniziò gli scavi nel suo podere detto “Boccagrande”. Tali scavi furono ripetuti anche l’anno successivo.

Tutti i risultati di questi scavi sono pubblicati nel libro che Marino Marini ha pubblicato “I Pollia. Alla ricerca di Spina I” - Mario Lapucci Edizioni del Girasole 1984, e in una relazione della dott. Giovanna Bermond Montanari che è pubblicata sul medesimo libro e su “Spina - Storia di una città tra Greci ed Etruschi” Ed. Ferrara Arte 1993.

Lavaggio e selezione dei reperti


Le conclusioni della sovrintendente dicono che le scoperte fatte dagli scavi “permettono di supporre la presenza di nuclei abitati lungo corsi d’acqua non distanti dal mare, in un periodo che risale alla fine dell’età del bronzo (anno 1000 a.C.)”.

Un piano di calpestio ottenuto con rami intrecciati e circondati da pali. In esso è inserito un piano di focolare di argilla concotta.... I pali, di diversa qualità e soprattutto di quercia hanno l’estremità infissa nel terreno accuratamente appuntita; attorno materiale ceramico abbondante, e un’ascia di bronzo. (Dalla relazione della dott.ssa G. Bermond Montanari della Sovrintendenza Regionale ai Beni Architettonici)


Nel secondo scavo furono trovati anche “elementi del villanoviano I, come il vaso biconico con meandro e l’ascia ad alette tipo Vetulonia. In questo momento sembrano evidenziarsi rapporti col villanoviano bolognese e un centro tirrenico. Numerosi sopralluoghi compiuti nel territorio non hanno restituito dati relativi a una presenza etrusca nei secoli successivi. Solo rari resti romani sono stati individuati sulla riva sinistra del canale collettore Boccagrande, subito dopo il ponte. Si tratta di frammenti di anfore e coppi risalenti al I secolo d.C.
Nel tentativo di individuare una delle cosiddette isole Elettridi, Marino Marini arrivò alla conclusione che un’isola chiamata Insula Amarina o Amerina già in epoca longobarda, detta poi Amacina e quindi Comaciana o Comacina, fosse da collocare non a Comacchio ma in un luogo più arretrato, verso Longastrino, in particolare in quel rialzo di terreno di 600-700 metri, ancora oggi verificabile, che unisce la via Anerina e la Valle Amara con la zona detta “Comacchiese”. Questa potrebbe essere individuata come l’antica Isola Comaciana. 

‘Isola di mare, Insula Amerina, via Anerina, Valle Amara, La Comacchiese’ tutti toponimi che sono ancora oggi presenti e che individuano una zona precisa. (Vedi mappa sotto)

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‘La Comacchiese’ ('Fossa Putula') è collegabile in linea retta con la 'fossa Balirana', come se si trattasse di un unico canale che collegava il mare con l’entroterra.

(vedasi 'FossaPutula')


E’ forse qui l’antica città di Spina I?

Abbiamo già visto in precedenza che la zona detta ‘La Comacchiese’ coincide con un nucleo abitato fin dal 1400 d.C. detto “Fossa Pudola”, che deriva dal nome di un vecchio canale ‘fossa pudula’ (fossa puzzolente). Inoltre abbiamo visto che la Comacchiese è collegabile in linea retta con la 'fossa Balirana', come se si trattasse di un unico canale che collegava il mare con l’entroterra.
Questi sono luoghi dove varrebbe la pena scavare, qui forse ci sono i segni dell’antica Spina I, o forse chissà anche qualcosa di più.

Dall’archeologia fantastica alla fantarcheologia

Tra i vari reperti archeologici trovati da Marino Marini ce n’è uno che collega queste terre ai minoici di Creta: è stato ritrovato nel podere Boccagrande. Si tratta di un toro androcefalo e apre la strada verso la prossima puntata (e ultima) di Fantarcheologia.

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'Si può ipotizzare che si tratti di un toro androcefalo per le molte somiglianze con raffigurazioni del periodo minoico rinvenute a Creta. Se questa ipotesi si rivelasse esatta si potrebbe dimostrare una frequentazione di cretesi alla foce del Po, precedente l'eta dei Pelasgi' (Marino Marini pag 123 "I Pollia Alla ricerca di Spina I")

Per saperne di più su Fetonte:

1- Fetonte un giovane dio caduto... sulle 'alfonsine' 
2- Quando anche Greci, Etruschi, Celti  bazzigarono da queste parti
3- Alla ricerca della Spina I Gli scavi e le scoperte di Marino Marini (sei qui)
4- Fantarcheologia sulle origini degli alfonsinesi ‘Noi siamo figli delle stelle’

 

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