Alfonsine

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 Un libro su Alfonsine
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 L'origine del fascismo  e dell'antifascismo  ad Alfonsine

GUIDO ERRANI 

dal 1922 in poi...

Nato a Sant'Alberto nel 1896 la famiglia si trasferì presto a Madonna del Bosco e poi ad Alfonsine nel 1905.

 Guido aiutava il padre che faceva il fabbro al pomeriggio e frequentava la scuola al mattino. Arrivò fino alla classe quinta. Promosso in sesta, non proseguì gli studi perché il padre aveva bisogno di lui nel lavoro. Imparò così l’arte della lavorazione del ferro. Anche il fratello Leonardo aiutava la famiglia in questo lavoro.

Dai 12 15 anni assistette a vari scontri tra repubblicani e socialisti ad Alfonsine. Iniziò qui il suo fervente spirito attivistico e partecipativo. Si iscrisse a 14 anni alla locale sezione “Guglielmo Oberdan” della gioventù repubblicana. Siamo nel 1910, l’anno di un durissimo contrasto tra socialisti e repubblicani, legato al braccio di ferro tra braccianti e mezzadri. I socialisti sostengono i braccianti e i repubblicani i mezzadri. Ci fu una scissione nella Federazione  dei lavoratori della terra: nacque una Nuova Camera del Lavoro che seguì la divisione sindacale e politica tra socialisti e repubblicani. Fatti gravi e scontri accaddero a Voltana, con morti da una parte e dall’altra. Anche Guido, appena iscritto tra i repubblicani, fu coinvolto in questo clima e ne rimasse scosso.

Nel 1911 iniziano nel paese le proteste contro la guerra di Libia. Guido sta con quei repubblicani (non tutti) che propagandano, con le sinistre, l’idea dell’autonomia dei popoli e dell’indipendenza delle nazioni, e quindi contro il colonialismo.

Nel 1914 in Romagna e specialmente ad Alfonsine c’è la rivolta della Settimana Rossa che vede repubblicani, socialisti, anarchici finalmente uniti. Un’esperienza folgorante per tutti, anche se fu un fuoco di paglia. Rimase una fiera esaltazione per quei giorni epici che fu soffocata dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale.

Guido Errani fu tra gli interventisti e di nuovo si accese lo scontro con i socialisti che sono per una “neutralità attiva” (eccetto Mussolini). Guido partecipò a comizi e manifestazioni.

Volontario nella 1° Guerra Mondiale

All’indomani dell’entrata in guerra dell’Italia Guido Errani (19 anni) con altri nove giovani della sezione “Guglielmo Oberdan” si arruolò volontario nel 51° reggimento fanteria della Brigata Cacciatori delle Alpi.

Fu posizionato in prima linea a Montucolo dove in trincea incontrò un amico di Castiglione di Cervia Pietro Barbanti. Sottoposti a cannoneggiamenti continui sia dagli Italiani, che dagli Austriaci si trovarono a metà gennaio del 1916 in un punto di osservazione a 100 metri dalla linea austriaca.

Un colpo sparato dal soldato austriaco lo ferì a una gamba. Catturato e ricoverato in vari ospedali fu ben curato e messo in un campo di prigionia a Mauthausen, nel luglio del 1916.  Solo nel febbraio1918 fu rimpatriato a fine guerra.

Finita la guerra Guido Errani si dedicò alla vita politica alfonsinese. Lo scontro era sempre coi socialisti. Alle elezioni amministrative del 1920, col sistema maggioritario i socialisti ottennero 24 seggi su trenta, e i repubblicani 6, cinque dei quali ex-combattenti. Guido fu eletto Segretario Politico del Circolo Antonio Fratti e capogruppo consigliere del partito repubblicano.  

  Scontro tra Socialisti e Repubblicani per l'Umana

In quegli anni ci fu un nuovo scontro tra Socialisti e Repubblicani sull’affittanza di un vasto terreno detto l’Umana, dei Piancastelli,  Una lotta tra poveri che alimentò ancora di più gli odi e le divisioni tra i partiti della sinistra e che favorì poi il successo del Partito Fascista.  

  Scontro con i fascisti nel 1922

Con le diverse violenze in paese causate dalle squadre fasciste appena sorte, sull’onda di ciò che era accaduto nel 1921 in tutta Italia, e con la scissione dei socialisti, la giunta socialista di Camillo Garavini si dimise nell’agosto del 1922.
Già nel luglio del 1922 le squadre fasciste erano scesa fino a Ravenna saccheggiando tutte le sede Socialiste e Repubblicane oltre quelle delle Cooperative. Nell’ottobre del 1922 ci fu la marcia su Roma a cui parteciparono anche gruppi di giovani fascisti alfonsinesi. Errani non si lascia, come successe per latri repubblicani, nella rete demagogica dei fascisti. Lui infatti era un ex-combattente, già interventista, dagli alti ideali patriottici, antimonarchico, deluso dal comportamento del governo: tutte caratteristiche su cui contavano le sirene del fascismo. “Il nostro antifascismo derivava da motivi ideali che erano contrari ad ogni violenza e ad ogni sopraffazione.  

Il 30 ottobre Peo Bretoni, un giovane repubblicano, che era salito sull’argine del Senio per vedere cosa stavano combinando i fascisti, dato che si alzavano rumori e fiamme dalla sede repubblicana in via Carraretto Venturi. Viene individuato da alcuni squadristi e fatto segno di colpi di arma da fuoco. Colpito, fu lasciato morire da solo. Solo al mattino quando i fascisti se ne furono andati, qualcuno ebbe il coraggio di uscire e trovò quel corpo senza vita  

  Si presentano solo i Repubblicani

In dicembre del 1922 ci sono quindi le elezioni amministrative: i socialisti si sono dissolti, molti sono fuggiti, altri sono sotto pressione per il rischio di violenze, altri sono concentrati sull’organizzazione del nuovo partito comunista, altri stanno per saltare sul carro dei possibili nuovi vincitori. Si presentano solo i Repubblicani, che ottengono in quel clima di paura e tensione circa 700 voti, il doppio dei voti delle elezioni precedenti. Il partito di Mussolini ottiene però circa 2000 voti. 

Leonardo Errani e il fratello Guido sono eletti consiglieri comunali e entrano a far parte di una sparuta minoranza di 5 consiglieri contro i 25 tutti fascisti. 

Guido in questa fase si espone più come presidente dell’Associazione Combattenti, mentre il fratello svolge il ruolo di capogruppo in Consiglio Comunale. è su questi due fronti che continuano le loro battaglie politiche, con coraggio e determinazione. 

In primavera del 1923 avvennero le elezioni interne all’Associazione Combattenti. 

Il 23 giugno 1923 l’Associazione ricorda la giornata della battaglia del Piave andando in gita a Roma (vedasi le tre foto ritrovate). Ma a livello locale quello stesso giorno i fascisti picchiano alcuni repubblicani che tornavano da un’analoga commemorazione. E’ la scissione: i fascisti non avendo potuto vincere le elezioni tentano una scissione, obbligando i fascisti a uscire dall’Associazione. Qui si distingueranno i veri combattenti da quelli fasulli – ebbe a dire Guido Errani.

Vinsero i repubblicani, perché solo otto fascisti uscirono dall’Associazione. la polemica divampò con manifesti locali e articoli sulla voce repubblicana. I capi gerarchi del Partito fascista di Alfonsine non sopportarono queste denunce e si scontrarono fisicamente con alcuni ex-combattenti rimasti nell’Associazione.

Il segretario del fascio Abele Faccani rimase ferito a una gamba in uno di questi scontri. La colpa fu data a Mino Gessi, al fratello Beno e al cognato Mossoti, nonostante questi fossero state vittime dell’assalto violento, e nonostante il colpo di arma da fuoco che colpì il Faccani fosse riconducibile alla pistola del camerata Romildo Sasselli.

Fu la scusa per cui gli squadristi fascisti si scatenarono: incendiarono il cinema dei Gessi, picchiarono diversi repubblicani. 

Guido Errani fu inseguito da fascisti venuti dal ferrarese in motocicletta.  

Lui fuggiva in bici e dopo aver superato la rampa del ponte si gettò in discesa verso casa, nel borghetto. Una signora amica spalancò con prontezza il portone d’ingresso e la richiuse prontamente alle sue spalle prima che arrivassero i fascisti. Ci fu in quei giorni un periodo di relativa calma. Finché i fratelli Gessi e il Mossoti non furono rimessi in libertà per la loro evidente estraneità al ferimento del Faccani. Solo Mino Gessi però tornò ad Alfonsine, gli altri due preferirono stare lontani.

Nel marzo del 1924 però ci fu un nuovo scontro tra Abele Faccani, Giuseppe Faccani fratello di quest’ultimo, e Mino Gessi. Questi girava ben armato, su indicazione degli stessi carabinieri: alla violenta provocazione e colluttazione che lo vide quasi soccombere rispose sparando con la pistola. Abele Faccani fu ferito come pure il fratello. Mino fuggì e riusci dopo vari giorni a rifugiarsi in Francia. Abele Faccani fu ricoverato a Bologna, ma intervenne un’infezione che gli fu fatale, proprio quando sembrava in via di guarigione.

I fascisti locali si scatenarono in pestaggi e distruzioni soprattutto contro la famiglia Gessi, ma anche contro tutti i repubblicani e quelli dell’Associazione Combattenti. 

Guido Errani subì le prime percosse, l’Associazione fu commissariata, e lui fu costretto a uscire con i suoi amici repubblicani. Viene nominato nuovo presidente il fascista Giacomo Natali e quindi ormai tutti i beni dell’Associazione sono presi in carico dai fascisti i quali obbligano i dirigenti uscenti ad accollarsi i debiti fino ad allora contratti. Furono incendiati i negozi di Leonardo (che aveva un negozio da elettricista sotto i portici della Violina, e della sorella Rina Errani. Due giorni dopo ci furono le elezioni politiche. Il clima era incandescente. Gli squadristi piantonarono i seggi, e qualche repubblicano che andò a votare subì minacce  e botte. Dopo il clamoroso e drammatico assassinio del deputato Giacomo Matteotti del giugno 1924, Leonardo Errani, di ritorno dallo zuccherificio di Mezzano dove aveva trovato un nuovo lavoro dopo la distruzione del negozio, fu aggredito in prossimità di Alfonsine da tre sconosciuti e percosso con un cavo di acciaio. Gravi lesioni alla testa causarono dolori che lo accompagnarono per anni fino alla morte prematura nel 1933, all’età di 35 anni. Lasciò la moglie Giacomina Cavallini (la Cumina), infermiera del dott. Preve e un figlio Carlo (che sarà poi partigiano).

La madre in seguito allo stress nel vedere il figlio sanguinante e così mal ridotto, ebbe un’ulcera che la portò alla morte alcuni mesi dopo all’età di 49 anni, nel 1926.

Dopo pochi giorni dall’aggressione al fratello, Guido venne assalito e picchiato per la terza volta da un gruppo di squadristi armati.

Nel 1925 Guido Errani si sposa con Maria Servadei. da questa unione nasceranno Lea (1926), quindi Enzo (1929)

Due mesi dopo partecipa al XVII congresso del partito repubblicano, una vera e propria sfida al regime. Al suo ritorno ad Alfonsine subì otto perquisizioni in sette giorni da parte dei carabinieri, e fu diffidato

La vita di oppositore al regime si fece sempre più ardua. Ogni anno un gruppo di compagni di Peo Bretoni andava a deporre una corona sulla tomba del loro amico assassinato dai fascisti. Nel 31 ottobre del 1926 gli squadristi alfonsinesi di ritorno da una manifestazione a Bologna dove era stato sventato un attentato al Duce, decisero di organizzare l’ennesima azione punitiva. Due repubblicani arrestati dai carabinieri furono sottratti con la forza e duramente percossi da una squadra fascista. A casa di Errani si presentarono due carabinieri per arrestarlo ma lui chiese garanzie per la sua incolumità. Non potendo darla revocarono l’arresto e gli dissero di restare in casa fino a nuovo ordine.

In quell’anno ci fu poi anche l’attentato al console della milizia fascista Ettore Muti e al Segretario del fascio Renzo Morigi. Rimasero solo feriti dopo aver ucciso il loro attentatore, un anarchico di Piangipane. Di nuovo spedizioni punitive e prelevamenti di casa in casa di una ventina di antifascisti segnalati di Alfonsine. Portati a Modena per quindici giorni furono sottoposti a innumerevoli interrogatori.

Rilasciato Guido tornò ad Alfonsine dove trovò la  medaglia della croce al merito conferitagli direttamente dal Duce, in qualità di Ministro della Guerra, per i suoi trascorsi di volontario garibaldino.

Le congratulazioni che gli furono rivolte si trasformarono in una prima manifestazione di sdegno di molti cittadini alfonsinesi verso il regime.

Ma proprio in quei giorni in cui molti rappresentanti del partito repubblicano alfonsinese erano in carcere a Modena, il titolare del Circolo “Antonio Fratti” fu costretto dalle autorità a vendere l’edificio che ospitava il circolo stesso, sotto la minaccia dell’arresto e della confisca di tutti i beni. Le trattative assai laboriose portarono a definire un prezzo sufficiente per rimborsare, al doppio del valore nominale, delle azioni chi le aveva acquistate all’atto della fondazione. Con una parte di tale somma, gli ex soci del circolo tra i quali Guido Errani, appena tornato dalla detenzione a Modena, decidono di acquistare l’attrezzatura di una sala per Raggi X da donare all’ospedale civile e di istituire un fondo a favore degli amici incarcerati e delle loro famiglie.

Con la scomparsa di quella sede veniva a sparire l’emblema di una sezione repubblicana storica, che aveva sempre lottato fino che furono soppressi i partiti. Alcuni tesserati si rifugiarono in Francia, mentre Guido rimase ad Alfonsine, per mantenere viva la fiamma degli ideali per cui aveva sempre combattuto.

Dal 1926 al 1936 l’attività dei repubblicani come di tutti i partiti antifascisti fu ridotta al minimo. Tutto si svolgeva nell’ambiente dei fuorusciti. Nelle case private si riunivano in ristretti gruppi, giusto per mantenere viva la speranza.

Ma il controllo e le spie erano sempre più pressanti. In ogni occasione della marcia su Roma Guido Errani era costretto a chiudere la sua bottega da fabbro, come pure il 1° maggio.

I repubblicani celebravano in qualche modo (a volte anche solo con un fazzoletto nero) il 9 febbraio anniversario della repubblica romana del 1849 perché casualmente coincideva con la festa di Santa Apollonia, molto sentita ad Alfonsine.

Anche questo modo di manifestare fu represso a volte dalle squadre fasciste: alcuni giovani venuti da Bagnacavallo alla festa furono picchiati da fascisti che ritennero il loro atteggiamento provocatorio. Gli anni ’30 furono anni cupi, dove il regime aveva ottenuto il più largo consenso, i tesserati al partito erano cresciuti a dismisura. Ma Errani non cedette, subendo continue umiliazioni e discriminazioni: controllato, spiato, emarginato… Anche la figlia Lea a quell’epoca appena bambina, fu discriminata a scuola per avere un padre antifascista.

La guerra di Spagna apre nuove speranze e si organizzano cellule clandestine sia tra i repubblicani che tra i comunisti.

Nel 1937-38 si ebbe un primo coordinamento degli antifascisti Alfonsinesi tra i quali Guido Errani in rappresentanza dei Repubblicani.  

Da notare che in rappresentanza della parte cattolica partecipava a questo comitato clandestino anche l’arciprete Don Luigi Liverani. Con l’entrata in guerra del 1940 il consenso al regime comincia a scricchiolare.

26 Luglio 1943. Cade il fascismo. Il Comitato Antifascista alfonsinese, che si riuniva di solito in mezzo ai campi moltiplicò i contatti e quando l’8 settembre  l’armistizio e lo sbandamento dell’esercito posero il problema di organizzare i primi gruppi di partigiani anche Errani colse i frutti del suo lavoro di proselitismo fatto di casa in casa fin dal 26 luglio. All’insaputa dei propri famigliari Errani entra nel CNL.

Quando dall’ottobre del ’43 al marzo del ’44 stazionò ad Alfonsine la squadraccia fascista del tristemente famoso Camilli che voleva instaurare il nuovo fascio della Repubblica Sociale Errani. con altri figure rappresentative della popolazione alfonsinese fu chiamato dal Camilli nella sede del comando della guardia repubblichina (la Casa del fascio in piazza Monti). Si presentarono in tre L’Errani e altri due, tutti antifascisti e due del CNL. Per il passato di iscritti al partito repubblicano venne loro proposto di collaborare col nuovo fascio in quanto anche questo “repubblicano”.

 Sdegnato, l’Errani chiese garanzie se poteva dire ciò che pensava. Iniziò così a parlare a viso aperto, denunciando che quella “Repubblica Sociale” nulla aveva a che vedere con l’idea mazziniana di fratellanza, libertà e giustizia. Disse che non avrebbe mai collaborato con coloro che l’avevano picchiato tre volte, distrutto il negozio dei fratelli, e ucciso praticamente un fratello. Denunciò il carattere dittatoriale della “nuova repubblica sociale”. Il Camilli ammirato dal coraggio dei tre antifascisti non prese alcun provvedimento contro di loro.

Durante il fronte trovò ricovero con la famiglia in un capannone a due chilometri dal paese.

 Una sera una cannonata colpì il capannone e una scheggia ferì Guido Errani alla gamba sinistra e al lobo di un orecchio.

In febbraio i tedeschi fecero sfollare tutti dal capannone e Errani ancora convalescente con la famiglia camminò per due giorni fino ad arrivare ad Argenta dove rimasero fino al 10 Aprile, giorno della liberazione di Alfonsine. Ma loro non erano ancora liberi e furono costretti a trasferirsi a San Nicolò. La mattina del 18 aprile finalmente riuscirono a tornare ad Alfonsine. Il paese era quasi completamente distrutto, ma la loro casa colpita da un paio di cannonate nella parte superiore era, in quella inferiore, pressoché intatta. 

Il periodo della ricostruzione

Iniziò il periodo della ricostruzione che vide Guido Errani a capo del Partito Repubblicano alfonsinese iniziare di nuovo le sue battaglie politiche e sociali.

Fu nominato dal Comitato di Liberazione per il 1946 Presidente dell’Ospedale Civile di Alfonsine

 Nelle elezioni locali si trovò così di nuovo ad essere minoranza in un consiglio comunale dominato dai comunisti. Gli scontri iniziarono ben presto, furono duri ma sempre al di fuori di ogni violenza fisica, anche se non da quella verbale. La prima battaglia riguardò la ricostruzione del centro del paese alla sinistra del Senio.  

 Dopo la sconfitta delle sinistre alle elezioni politiche del 18 aprile del 1948, e lo scoppiò della cosiddetta “guerra fredda” tra America e URRS, ci fu qualche  conseguenza pesante anche ad Alfonsine, soprattutto nei rapporti politici. Errani fu additato come reazionario dai comunisti locali, e spesso gli attacchi erano personali, al punto da farlo sentire di nuovo un emarginato nel suo paese. Lui ne patì molto come pure la figlia, ma ciò rinforzò ancora di più il suo carattere indomito.  

Guido Errani a un comizio con Ugo LaMalfa, ad Alfonsine. A destra l'avv. Stefano Guerrini

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Guido Errani a un altro comizio con Ugo LaMalfa, sempre ad Alfonsine.

Nel 1949 scoppia la Santa Barbara dei Repubblicani 

Accadde poi un fatto emblematico del clima del tempo.

 La nuova sede del Partito Repubblicano, inaugurata da poco (1949) in piazza X Aprile, aveva una sala da ballo con il palco.

Il primo di agosto del 1950, in seguito a un caldo eccezionale, iniziò per autocombustione uno scoppiettìo, prima di bussolotti poi di cartucce da fucile. Il bidello che faceva da custode, e dormiva di sopra, preoccupato anche per il principio d’incendio chiamò l’Errani

Probabilmente all’insaputa dei dirigenti, alcuni giovani iscritti alla sezione avevano raccolto armi, munizioni, polvere da sparo, petardi al fosforo (bengala), e avevano nascosto il tutto sotto il palco. Una ragazzata, forse, più che il timore di una nuova guerra civile. Oppure, come ebbe a scrivere Errani, fu una provocazione… visto che l’accesso a quel luogo era aperto a chiunque.

fatto sta che i comunisti avviarono una mobilitazione per denunciare i repubblicani come sovversivi e pericolosi, pronti a riprendere in mano le armi contro di loro. Non erano stati forse loro i comunisti ad essere accusati di tenere le armi nascoste per fare la rivoluzione? Fu indetta anche una manifestazione che passando sotto la casa di Errani ne chiedeva l’immediato arresto, in quanto segretario della sezione repubblicana. Ingiurie e improperi vari fecero ancora di più radicare in Guido Errani l’idea che anche nella rinata Italia il suo destino sarebbe stato di essere un perseguitato.

La polizia, allarmata per le minacce dei comunisti manifestanti, decise di arrestare l’Errani e di portarlo alle carceri ravennati per la sua incolumità.

"A fine agosto fu fatta la prima udienza. Quella fu la peggior giornata e la più crudele sorpresa della mia movimentata vita” – ricorda l’Errani in un suo diario – “La sala era piena di comunisti rumoreggianti”. Il tenente dei carabinieri prese la parola e disse di aver ricevuto una lettera anonima in cui si scagionava l’Errani e si facevano i nomi dei colpevoli. In una seconda udienza il 25 settembre 1950 (questa volta l’aula era piena di soli repubblicani) l’Errani, difeso da Macrelli, fu assolto per non aver commesso il fatto.

Questa assoluzione, se non provocò altre manifestazioni di protesta da parte comunista – continua nel diario – servì ad isolarmi in ogni esercizio pubblico o divertimento. Così ogni volta che andavo al cinema con mia figlia, avevo da ogni lato un posto vuoto, quasi fossimo colpiti dalla lebbra.” 

Guido Errani al lavoro nella sua bottega da fabbro in via Roma ad Alfonsine

Pare che il clima fosse così, con momenti di calma e altri di attrito, fino al 1968. Nel 1953 fu nominato Presidente provinciale degli Artigiani FAPA Guido rimase in Consiglio Comunale fino al 1980 e dopo 60 anni di ininterrotta nomina di consigliere comunale diede le dimissioni a 84 anni. Nel 1981 tutti i gruppi consiliari di Alfonsine gli riconobbero ufficialmente a pieno merito il servizio dato a tutta la comunità alfonsinese con una medaglia d’oro e un attestato di benemerenza.  

E’ morto il 22 gennaio del 1989 a 93 anni.

Decimo Triossi, assessore regionale alla Sanità, Giovanni Torricelli, sindaco di Alfonsine, e Guido Errani, in divisa da garibaldino mentre riceve la medaglia d'oro e l'attestato di benemerenza

L'origine del fascismo  e dell'antifascismo  ad Alfonsine

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