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Sommario degli anni dal '19 al '25
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 L'origine del fascismo  e dell'antifascismo  ad Alfonsine

FERRUCCIO MOSSOTTI 

dal 1922 in poi...

Il Ferruccio Mossotti era avvocato repubblicano che era stato direttore del giornale “Cittadino Locarno”: aveva conosciuto Mussolini fin dal 1914 alla vigilia della guerra (forse a Locarno?). Nato probabilmente a Novara, era detto anche “lo svizzero” forse perché durante la “settimana rossa alfonsinese” era fuggito in Svizzera o forse perché era originario di zone vicino alla Svizzera, come Novara, appunto. 

Aveva sposato una sorella di Mino Gessi (Michelina) ed abitava ad Alfonsine.

Fu tenente nella grande Guerra e forse lì conobbe futuri capi del governo Mussolini a cui scriverà lettere di denuncia di ciò che accadeva ad Alfonsine durante i primi anni del fascismo: ed era ascoltato sia da Acerbo che da Mussolini.

Durante gli episodi della Settimana Rossa Ferruccio Mossotti abitava già ad Alfonsine e fu in primo piano tra i rivoluzionari. Aveva avuto un posto come capo dell'Ufficio Lavoro nel comune di Alfonsine quando già i Socialisti di Camillo Garavini governarono il Comune nel 1912. Poi dopo i giorni della 'settimana rossa' nel luglio 1914 avevano vinto di nuovo le elezioni comunali. Il sindaco Garavini fu poi commissariato dal 1918 fino al 1920. Di nuovo vinsero i socialisti con Garavini di nuovo sindaco, finché nel 1922 si dimise. 

Quando da lì in poi vinsero i fascisti e il Mossotti fu licenziato, questi iniziò la sua lotta contro i fascisti locali e provinciali. 

Mossotti intervenne con coraggio, con articoli sul giornale nazionale repubblicano contro i ras locali, valendosi anche di sue amicizie con fascisti d'alto rango del governo nazionale, compreso lo stesso Mussolini. 

Ma i repubblicani in provincia di Ravenna venivano bollati come il nemico pubblico n° 1 e Mossotti venne indicato come il loro portavoce. Mussolini cercò di moderare la situazione, interessandosi direttamente del caso Mossotti, ma dopo l'omicidio Matteotti
non sembrò più interessarsi.

I repubblicani erano divisi tra quelli che volevano allearsi coi fascisti e quelli che davano loro contro. Fu soprattutto dentro l'Associazione ex-combattenti che tale scontro era avvenuto. Mossotti ne fu l'emblema, ma alla fine anche lui dovette arrendersi.

Così come aveva fatto l'ex-sindaco Camillo Garavini, mise i remi in barca, si trasferì a Roma e si inserì in quel mondo fascista che gli permise di continuare a vivere una vita dignitosa.

Prese la tessera del PNF ed ebbe anche il titolo di centurione della milizia romana.

Nel  1937 Ferruccio Mossotti aveva elaborato, fin nei dettagli, il progetto di costituire un nuovo ente che provvedesse a distribuire terre ai legionari che avevano combattuto nell'Africa Orientale Italiana. 

Per il capitale di fondazione Mossotti prevedeva il concorso dello Stato, di banche e di istituti pubblici e privati. Per costituire il fondo di riserva, che avrebbe voluto che si chiamasse «Fondo della riconoscenza nazionale», Mossotti pensava invece di tassare per 2 lire tutti gli abitanti del Regno.  

Scrisse anche un libro:

CC. NN. a protezione della ferrovia Gibuti-Addis Abebapagine documentarie sulla guerriglia in Africa O.I. durante l'anno 1936, XIV  Edizioni Ense et Aratro, 1937 - 178 pagine  

BELLUNO Ist. Storico Bellunese della Resistenza e dell'Età Contemporanea

Una copia si trova anche al Santuario S.Matteo S.Marco in L. Inventario 3207 Collocazione 945 669 Note1 v. Documento per sola consultazione interna  

 

 

Poi nel gennaio 1946 lo troviamo come Direttore responsabile del n° 1 “La Riforma. Settimanale del Partito socialista riformista”

Il 23 settembre1946 in un infuocato articolo dal titolo “La politica del tarlo” pubblicato su «La Riforma» (settimanale del Partito socialista riformista), Ferruccio Mossotti prende spunto dalle dichiarazioni di De Gasperi all’Assemblea costituente e di Sereni alla stampa, sui compiti da attribuire all’ONC (Opera Nazionale Combattenti) e sulla necessità di un risanamento patrimoniale-finanziario per concorrere alla ricostruzione economico-sociale italiana, favorendo il graduale assorbimento dei reduci nella vita produttiva del Paese, per puntualizzare lo stato di abbandono in cui versava l’ente, anche a causa della gestione commissariale. 

Secondo Mossotti l’ente, dotato di un notevole patrimonio e con scopi di ordine squisitamente tecnico, “costituisce il feudo incontrollato e incontrollabile di incompetenti. Gli organi tecnico-amministrativi dell’Istituto, nella carenza più che triennale di un Consiglio di amministrazione responsabile, si sono infatti impersonati e cristallizzati in un commissario addottorato in lettere, in un direttore generale e in un segretario generale laureati in giurisprudenza, ed è così che la disinvolta incompetenza di costoro presenta i deplorevoli risultati che riassumo: 1. inattuata sistemazione patrimoniale-finanziaria; 2. inattività funzionale sia nel campo della bonifica idraulica e della trasformazione agrario-fondiaria che sul piano dell’esecuzione dei lavori pubblici; 3. conseguente mancato riassorbimento di sensibili aliquote di reduci nella vita produttiva; 4. alienazione di cospicui beni immobiliari; 5. assunzione per chiamata diretta di personale non reduce anche ai più elevati posti direttivi”

Mossotti ritiene poi gravissimo che l’attuale gestione commissariale voglia trasformare l’Istituto da pubblico a privato per renderlo autonomo dal controllo degli organi statali tutori del patrimonio dei reduci e nello stesso tempo “facile preda di tutti gli avventurieri della politica, dell’economia e della finanza”. Mossotti ritiene infine indispensabile e urgente ricostituire gli organi amministrativi  

Ebbe tre figli uno dei quali viveva a Roma in via Riboty fino ai primi anni del '2000 e fa o faceva il veterinario.

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