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La Chiesa Santa Maria e quella del Sacro Cuore |
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foto della chiesa Santa Maria e Sacro Cuore |
|Ricerche sull'anima di Alfonsine |
Il
reperto archeologico più antico di Alfonsine
di Luciano Lucci
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Finché una bimba Nella giornata del 21 aprile 2015 credo di aver fatto la più grande scoperta archeologica di Alfonsine. A chi va il merito? Alla mia nipotina Anita (all'epoca anni 2), che accompagnai in una passeggiata nel campetto dell'oratorio della chiesa Sacro Cuore e che raccolse alcune margherite: le depositò sul basamento della croce. E lì notai, per caso, una scritta scolpita nel marmo: 'Alphonso Paulutio tutore'. UN BASAMENTO IN MARMO DEL '500 Scrive
Loris Pattuelli:
ECCO LE PROVE DELL'ORIGINE CINQUECENTESCA DEL BASAMENTO Nel
basamento in marmo si legge un'incisione: Ma chi era Alphonso Paulutio? Una rapida ricerca su internet (è bastato scrivere su Google 'Alphonso Paulutio') ed ecco la sorpresa: In 'Opera aliquot' ('Opere varie') di Celio Calcagnini pubblicata postuma nel 1544 viene citato Alphonso Paulutio, in una lettera del Calcagnini del 1526 al vescovo di Imola Domenico Scribonio dei Cerboni
CELIO
CALCAGNINI Ma chi era Celio Calcagnini, primo rettore della chiesa di Alfonsine e chi era Alphonso Paulutio? Celio Calcagnini fu umanista, scienziato e diplomatico al servizio del Ducato di Ferrara, uno dei più dotti sapienti dell'epoca rinascimentale, soldato, ecclesiastico, professore, poeta, filosofo e storico, fu celebrato da Ludovico Ariosto nell'Orlando furioso (XLII.90, XLVI.14), e formulò una teoria sul moto della Terra influenzata da quella copernicana. Gli Estensi esercitarono la loro influenza sui meccanismi di assegnazione non solo dei vescovadi e dell'abbazia di Pomposa, ma anche delle prebende minori pur dipendenti da diocesi fuori dello Stato: ad esempio il poeta Ludovico Ariosto era beneficiario della prebenda di Sant'Agata sul Santerno pur essendo ordinato soltanto in minoribus. II sistema beneficiale semplice penalizzava la cura delle anime per la larga tolleranza sull'obbligo di residenza degli assenteisti rettori della pieve di Fusignano. Nel 1510 Celio aveva abbracciato, certamente su sollecitazione del suo signore di Ferrara, il Duca Alfonso I° d'Este, anche la carriera ecclesiastica. Ordinato sacerdote, veniva provvisto, di un canonicato, cioè una rendita nella cattedrale di Ferrara, tramite l'intervento di Ippolito d'Este, arcivescovo di Ferrara e cardinale italiano, figlio di Ercole I d'Este, Duca di Modena e Ferrara e della principessa Eleonora d'Aragona, di cui il Celio Calcagnini era maestro precettore. "Celio avrebbe preferito Venezia per la "coeli salubritas", perché dai contagi si sperava di sfuggire più che guarire: ma ebbe difficoltà a procurarsi la licenza sanitaria." (pag. 498 "Storia di Fusignano") Ricche prebende poi riceveva da S. Giacomo di Ferrara e di Porotto, ampi benefici a Riolo (nella diocesi di Faenza), a Ferrara (chiesa di S. Maria Bianca), a Fusignano (chiesa arcipretale) e Alfonsine, a Roverdicré (un giuspatronato nel Polesine rovigiano). Fu quindi insignito del titolo di protonario apostolico e nel 1514 si addottorò - nello Studio della sua città - in diritto civile e canonico. Alfonso I° Calcagnini, feudatario di Fusignano e Alfonsine (Leonino) per conto degli Estensi di Ferrara, assegnò la giurisdizione ecclesiastica della pieve alfonsinese, col titolo di Rettore, al suo parente di chiesa più famoso: Celio Calcagnini, suo cugino, già intestatario della carica di Arciprete per la chiesa di Fusignano. In questo modo riuscì a sottrarre alla chiesa ravennate e ai signori di Ravenna i diritti su quei territori. "Disturbato dalla febbre terzana, Celio si trattenne a Fusignano solo per quattro mesi, poi decise di recarsi nella vicina Lugo. «ubi medicorum sed malorum maior est copia», e tornò deluso perché non trovò tanti unguenti medicinali quanti cercava." (pag. 498 "Storia di Fusignano") Comunque
Celio Calcagnini svolgeva ben altri compiti più importanti e impegnativi
che gestire personalmente una chiesa sperduta nelle valli, e naturalmente
mai si sognò di recarsi in queste terre. A lui interessavano solo le
prebende e i guadagni che gli spettavano di diritto. E per amministrare
tali entrate aveva incaricato un suo uomo di fiducia tale Alphonso
Paulutio, come amministratore, fattore, che all'epoca veniva definito
'tutore'. Celio Calcagnini, il primo Rettore della chiesa di Alfonsine morì nel 1541.
MA
COME HA FATTO QUEL BASAMENTO AD ARRIVARE
La prima chiesetta-oratorio (1502) Alfonso I° Calcagnini investì, nel 1488, 10.000 scudi per avviare la
bonifica delle valli che si trovavano dove ora sorge il comune di
Alfonsine. Per queste opere si avvalse di lavoratori di
Fusignano, ma anche del Ferrarese
e del Ravennate. Nel 1519 tramite il Breve di Leone X i Calcagnini ottennero il 'gius patronato', oltre che in Fusignano, anche sul contestato territorio alfonsinese che fu delimitato come 'territorio Leonino' (così detto da Leone X). Tale territorio fu definito come 'baronia', un territorio di piccole dimensioni, appunto sotto il controllo di un 'barone'. Questa unità amministrativa era la più piccola e la meno importante, per questo il barone era sempre vassallo di un altro signore più potente di lui, come un visconte o un conte. I conti Calcagnini ebbero, oltre al giuspatronato perpetuo sulla chiesa di Alfonsine Leonino, anche la 'baronia'. Il giuspatronato (forma italianizzata dello jus patronatus) era un diritto concesso su un altare di una chiesa ad una famiglia. Tecnicamente era il diritto di proteggere (nel senso di mantenere) e veniva infatti concesso a chi si faceva carico di dotare l'altare stesso, cioè donargli soldi e beni immobili dal quale l'altare (e soprattutto chi lo gestiva) traeva rendite. Alfonso
I° Calcagnini con suo fratello Borso fecero costruire abitazioni e
capanni riempendo di abitanti quei luoghi vuoti. Nel 1520, dopo il
determinante “Breve di Papa Leone X”, assegnarono la giurisdizione ecclesiastica al loro
cugino più famoso Mons. Celio Calcagnini, famoso letterato del XVI sec., che, per uno
speciale privilegio canonico della cattedrale di Ferrara era stato nominato arciprete di
Fusignano e Rettore (così veniva chiamato il parroco) delle Alfonsine da Ippolito III d’Este, arcivescovo di Ferrara e cardinale italiano, figlio di Ercole I
d'Este,
Duca di Modena e Ferrara.
In questo modo i Calcagnini e gli Este sottraevano alla Chiesa Ravennate e ai signori di Ravenna i diritti su quei territori. Naturalmente Celio
Calcagnini, che aveva ben altri compiti più importanti e
impegnativi, mai si sognò di recarsi in queste terre. A lui interessavano
solo le prebende e i guadagni che gli spettavano di diritto. E per
amministrare tali entrate aveva incaricato un suo uomo di fiducia tale
Alphonso Paulutio, come amministratore, fattore, (o "commercialista"
diremmo oggi) che all'epoca veniva
definito 'tutore'.
Fu così che Alphonso Paulutio
(probabilmente 1530) ristrutturò e
migliorò il primo Oratorio, e siccome cominciavano anche a nascere
bambini, installò una fonte battesimale. Volendo che fosse chiaro a tutti che lui
era l'amministratore di quella parrocchia di Alfonsine per conto di Celio
Calcagnini, fece scrivere sul basamento ortogonale della fonte battesimale
in marmo
di Istria: 'Alphonso Paulutio
tutore'. La prova che su quella fonte battesimale c'era anche la data 1530 ce la dà lo storico Gianfranco Rambelli che nelle sue "Memorie Storiche dell'Alfonsine" pubblicato nel 1833 scrisse (a pag. 45 nota 1) quanto segue : Quindi
nel vaso dell'acqua santa del battistero era scritto 1530 (MDXXX) e
ALPHONSO PAULUTIO TUTORE LA CHIESA - ORATORIO (1540) La pieve bastò per una ventina di anni, poi, crescendo la popolazione, e dovendo garantire un miglior decoro, nel 1540 i nipoti di Alfonso 1° Calcagnini, i conti Alfonso II e Teofilo II, figli di Tommaso I° Calcagnini e Costanza Rangoni, fecero ristrutturare la vecchia pieve, sempre a una sola navata.
Nella facciata della chiesa così migliorata i Calcagnini posero, in marmo travertino, la seguente epigrafe ALPHONSUS.
ET. THEOPHILUS. CAL Alfonso
e Teofilo Cal Qui i Calcagnini parlano di Territorio Leonino perché nel 1519, come si è già scritto sopra, erano stati investiti di questa carica di 'baroni del Leonino' da Leone X, che aveva imposto quel nome a quelle terre.
Per a tutto il '600 fino al 1744 la chiesa rimase con una sola navata. Nel 1818 (e poi nel 1833) ... Le informazioni tratte dall'Inventario della Chiesa parrocchiale Santa Maria dell'Alfonsine "firmato in occasione della Sagra Visita dell'Anno 1818", (pubblicato da Adis Pasi su Quaderni Alfonsinesi n° 16, pag.16) ci dicono che la struttura a tre navate realizzata nel 1744 aveva in tutto sei altari e un pulpito. Questa
immagine della Chiesa Santa Maria è tratta da un affresco trovato nella casa dei Conti Samaritani
in via Mameli ad Alfonsine, dell' '800. Mappa della pianta della chiesa, disegnata nel 1872, durante il periodo di abbattimento e ricostruzione un click o un tocco per ingrandire l'immagine
La nuova chiesa Santa Maria iniziata nel 1868 e terminata nel 1879 andò poi distrutta nel 1945 con la guerra La chiesa subì per più di un secolo un progressivo degrado, anche per la decadenza della famiglia Calcagnini. Arrivati al punto che si rischiava il crollo si decise di fare una nuova chiesa. Essa fu fondata nel 1868 mentre era Economo Sp. don Giuseppe Massaroli, morto poi a Bagnacavallo Arciprete della Pieve. Costò la somma di L. 120.000, terminata solo all'esterno e ancora grezza all'interno, rimasta così per mancanza di fondi. Il governo ordinò poi la chiusura della vecchia chiesa, pericolante, che era rimasta in funzione attaccata alla nuova. I lavori terminarono nel 1879 con un interno che rimase grezzo. Solo dal 1893 si iniziò a completarla anche all'interno. In questa mappa del 1838 si nota in nero la parte della vecchia chiesa che sarebbe stata abbattuta nel 1879. Il progetto fu utilizzati a partire dal 1868. Nel 1879 fu fatto un secondo appalto per abbattere la chiesa vecchia, fare una sacrestia e un selciato nella nuova chiesa per potervi entrare. Tutto ciò durò fino al 1881 quando il 12 maggio fu nominato Rettore il reverendo Don Gianbattista Ricci Bitti, il quale in undici anni pagò la somma di 60.000 lire. Con quei soldi costruì la sacrestia, l'ancona della Madonna, intonacò le navate, costruì gli altari, il coro, i confessionali e tutto l'arredo interno. Morto Ricci Bitti nel 1893 lo sostituì per quell'anno un economo don Paolo Scioni, e quindi il Rettore Don Antonio Costa dal 1893 fino al 1903. Fu quest'ultimo a completare la chiesa nuova spendendo 30.000 lire e facendo costruire la canonica e il teatro con altre 20.000 lire. In un Pro Memoria (raccolto da Adis Pasi) datato Alfonsine 9 giugno 1913 e firmato da Paolo Randi si chiede il saldo dei debiti contratti per i lavori finali: "Don Antonio Costa
venne rettore ad Alfonsine nel 1893 e col pieno consenso del suo vescovo iniziò
subito i seguenti lavori, cioè: ... entrò signore ed uscì coi soli panni che aveva indosso, e ai 27 febbraio 1908 fu costretto a rinunziare alla parrocchia compianto da tutti. (Anno 1884). La chiesa era stata girata di 90° verso la nuova piazza nel 1874. Si nota l'orologio del campanile. La canonica non è ancora costruita. Nel 1898, a destra della chiesa, fu costruita la canonica. un clic o un tocco per ingrandire l'immagine (Anno 1910) Il piazzale della chiesa con la nuova canonica (1898). Di passaggio un gruppo di bersaglieri in bicicletta. In estate ogni anno ad Alfonsine stanziava un reparto dell'esercito italiano, che si sistemava nei locali del Foro Annonario. Gli ufficiali nel Palazzo Lanconelli, nel piazzale della chiesa. un
clic o un tocco per ingrandire l'immagine (Anno 1914) Il davanti
della chiesa durante la 'settimana rossa', un clic o un tocco per ingrandire l'immagine Nel lato sul piazzale presenta solo qualche cambiamento dal 1910 al 1930, con la conversione di alcune camere a negozi: il primo era il negozio di tessuti d’la Tangàna (Ida Bruni sposata
Faccani), che fino agli anni ‘20 era stato di Natale Pescarini con vendita di oli e macchine da cucire. Poi c’era il negozio di ferramenta
d’Marlén (già di Cesare Baldi). Nell’angolo c’era l'ingresso al cortile interno della Canonica dove c'era il campanile e il teatro parrocchiale. Sul lato
successivo del piazzale si incontrava la casa di Ennio Salvatori, con due negozi: il primo dell’orologiaio
Zannoni, e il secondo del barbiere ‘Brasulina’. A seguire casa Lanconelli (dove abitavano in affitto varie famiglie tra le quali quella del fotografo Luciano Tazzari con la moglie maestra ..........) un clic o un tocco per ingrandire l'immagine (Anno 1930) Foto aerea del piazzale della chiesa |
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