|
|
---|
| Alfonsine | Personaggi alfonsinesi |
Questo sito è ideato e gestito interamente da
Libri su Alfonsine
(scritti da alfonsinesi) |
|||||
(scritto da Luciano Lucci) |
Un
libro sulla Settimana rossa
alfonsinese |
(scritto
da Tonino Pagani) |
Un
libro su Alfonsine:
"E café
d'Cai" |
Un libro su Fetonte un giovane semidio caduto sulle 'terre alfonsine' | |
Archivio
dei "Quaderni Alfonsinesi" |
|
Tant’è che, a differenza di altri gerarchi fascisti, che avevano qualcosa da temere per le violenze distribuite qua e là lungo tutto il ventennio, lui, a guerra appena finita, era tornato alla sua casa. Sfollato
con la famiglia al di là del Po Vecchio (Reno), ad Anita,
tornarono nel febbraio del 1945 in paese, alloggiati presso la casa della
figlia Marina sposata a Fausto Vecchi, in via Mazzini. A guerra finita,
senza nulla temere, si trasferirono nella seconda casa in via Roma, dato
che quella in piazza Monti era diventata inagibile. In tasca aveva un portafoglio con ottanta mila lire. L’autocarro partì in direzione della via Reale. Si saprà poi che andò a prelevare anche il possidente Stefano Mingazzi. Sull'autocarro c'erano anche i due fratelli Santoni, già prelevati. Nessuno
saprà più nulla dei quattro fino al settembre del 1961 quando
un contadino, durante i lavori di aratura del suo campo in zona Passetto,
vide apparire tra la terra dei resti umani. Erano le ossa appartenute a
quattro persone, i cui crani erano bucati dal colpo di un proiettile
all’altezza della nuca. Furono trovati anche bossoli di calibro 9 e
pezzi di filo di ferro usato per legare le mani ai sequestrati. I
famigliari dei quattro, prelevati
nel maggio del 1945 riconobbero, i loro cari da brandelli di vestiti e
altri oggetti. Questo è l'articolo su "Il Resto del Carlino" apparso il 4 settembre 1961 (cliccare o toccare sulle foto per averne un ingrandimento) Il
cippo, fatto posare dal figlio Marino Marini segna il punto dove furono
trovati i poveri resti dei quattro scomparsi 16 anni prima. Il cippo nel 2021 (la ceramica è deturpata probabilmente da un tentativo di rubarla) Esecuzioni di quel tipo, in quei giorni, in Alfonsine ce ne furono altre, e il loro numero appare sproporzionato rispetto a possibili vendette personali per violenze subite nel periodo 1923-1943, e attribuibili a fascisti. Quel
che è certo è che Giuseppe Marini, alla caduta del fascismo, aveva
continuato la sua attività in fabbrica. Dal dopoguerra in poi, sulle persone ‘fatte scomparire’ non solo un'obliosa memoria storica... Su tutte le persone di Alfonsine "fatte scomparire" alla fine della guerra, per non volerne dare ‘ufficialmente’ le motivazioni giustificative, si è imposta fin da subito un’obliosa memoria storica, integrata però da una narrazione comunque divulgata che ha esageratamente demonizzato le persone colpite, per poter inculcare nella gente della comunità alfonsinese, che quelle esecuzioni, se pur sommarie, erano giustificabili. Così per Giuseppe Marini (e indirettamente su chi ne ereditò il cognome) l’accusa fatta girare ad arte, e che ancora viene tramandata da molti che l’hanno decisamente fatta propria e tutt’ora gira, è stata di essere stato filonazista e di aver mandato, obbligandoli, giovani operai nel cosiddetto ‘Battaglione di volontari’ che operò in Africa. La prima accusa si basa sul fatto che la fabbrica Marini fu utilizzata dalla Todt, e quindi anche Marini poté essere considerato ‘collaborazionista' dalla “Commissione di epurazione dai fascisti” istituita anche ad Alfonsine negli immediati giorni seguenti alla liberazione. Poi qualcuno ha fatto girare la voce che sarebbe stato sentito pronunciare la frase “Il fascismo è stata una buffonata in confronto al nazismo”, frase che se anche fosse stata pronunciata la potrebbe dire chiunque altro, a tutt’oggi, senza per questo dover essere accusato di filonazismo. La seconda accusa (cioè la questione del Battaglione di volontari che operò in Africa) non è chiara ma si è sentita più di una volta in giro, e ciò significa che la si è usata proprio per convincere la gente ad addebitare un’altra colpa al Marini. Si sa che il cosiddetto "Battaglione" era fatto di volontari e chi ci andava era un fascista o un avventuriero o un giovane che sperava di fare fortuna in qualche modo, comunque un volontario, e non obbligato da nessuno. Sulla questione della Todt basterà citare il caso Valletta direttore della Fiat che fu destituito a Torino nel dopoguerra con l’accusa di collaborazionismo (la fabbrica aveva lavorato per i tedeschi). Poi reintegrato perché non sapevano come andare avanti, subì un processo essendo stato deferito dalla Commissione per l’epurazione, e fu assolto. Giuseppe Marini avrebbe potuto subire lo stesso percorso, ma gli è stato impedito. Sarebbe
pertanto giusto riabilitarne la figura, (senza per questo farne un 'santino'),
se non altro in nome dell’enorme e sproporzionata ingiustizia che
dovette subire, sia fisica che morale. |
| Alfonsine | Personaggi alfonsinesi |