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Alfonsine

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Il reperto archeologico più antico di Alfonsine

di Luciano Lucci

 

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Finché una bimba 
di 2 anni...

Nella giornata del 21 aprile 2015 credo di aver fatto la più grande scoperta archeologica di Alfonsine.  

A chi va il merito? Alla mia nipotina Anita (all'epoca anni 2), che accompagnai in una passeggiata nel campetto dell'oratorio della chiesa Sacro Cuore e che raccolse alcune margherite: le depositò sul basamento della croce. E lì notai, per caso, una scritta scolpita nel marmo: 'Alphonso Paulutio tutore'.

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UN BASAMENTO IN MARMO DEL '500 

Scrive Loris Pattuelli:

"Questa base in marmo e questa croce erano lì, sono sempre state lì, e nessuno s’è mai accorto della loro esistenza. 
Può esserci niente di più tipicamente alfonsinese di questo dato di fatto, di questa semplicissima constatazione? 
Ci voleva il sole di una bella mattinata di primavera per rendere evidente una cosa che era sotto gli occhi di tutti.
A fare la clamorosa scoperta è stata Anita, due anni, nipote di Luciano Lucci. 
L’illustre nonno pare si sia limitato a seguirla e, ci puoi scommettere, l’ha fatto in un modo non molto diverso da come Dante seguiva Virgilio e l’Alice di Carroll seguiva il coniglio bianco. Anita ha semplicemente mostrato a Luciano quello che anche lui, da bravo adulto, non era mai riuscito a vedere. 


Intanto io provo a darmi la carica con questo gioiellino di Bunuel

 

 


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Nel 2015

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Nel 2020

Il basamento è sicuramente un resto della prima chiesa cinquescentesca S. Maria di Alfonsine. 

Nella foto qui a sinistra (aprile 2015) questo reperto si trovava unito a una croce nel cortile della chiesa S. Cuore da almeno una decina di anni,  semi abbandonato.

Dopo 5 anni quel reperto era sempre lì e come si nota dalla foto, e risultava ancora più deperito.

Il primo reperto, cioè il basamento, sicuramente ha superato  più di 500 anni: chiesa-oratorio (1502) con ristrutturazione e battisterio 1520. Ingrandimento della chiesa (1540), crollo (1800-1878), di nuovo abbattimento e ricostruzione (1879-1903), incendio della Settimana Rossa (1914), bombardamento americano (1944) e all'inizio febbraio 1945 crollo finale della chiesa di Alfonsine minata da 30 bombe di mezzo quintale l'una, appostate lungo la navata e le colonne, da alfonsinesi costretti dai tedeschi.

Nonostante il sottoscritto si sia dato da fare in ogni modo per salvare quel reperto storico, con un articolo sul Resto del Carlino, su Gentes di Alfonsine, con una e-mail alla Sovrintentente alle Belle Arti di Ravenna, ecc... ecc... nessuna risposta da nessuna parte. Così quel basamento era sempre lì e dopo 5 anni risultava ancora più deperito.

Ma finalmente qualcosa s’è mosso: quel reperto che stava andando in rovina è stato recuperato nell'ottobre del 2022, pulito e sistemato nel giardino davanti alla chiesa, e posto sopra i resti di un altro basamento: quello delle colonne che arredavano la facciata della chiesa, prima della distruzione della guerra. (foto sotto)

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Il basamento

Anita raccolse alcune margherite dal prato e le depositò sul basamento della croce. E così il Lucci notò, per caso, una scritta scolpita nel marmo: 'Alphonso Paulutio tutore'.

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Ma chi era Alphonso Paulutio?

Una rapida ricerca su internet (bastò scrivere su Google 'Alphonso Paulutio') ed ecco la sorpresa:

 In 'Opera aliquot' ('Opere varie') di Celio Calcagnini pubblicata postuma nel 1544 viene citato Alphonso Paulutio, in una lettera del Calcagnini del 1526 al vescovo di Imola Domenico Scribonio dei Cerboni.

(la traduzione)

Celio C. al Vescovo di Imola Scribonio

Avrei sempre gradito  padre, ovunque arrivi l'occasione, di ricevere i tuoi scritti, sebbene si tratti di questioni pecuniarie, del cui studio ora ti occupi, e avrei preferito rinunciare tranquillamente alla tua benevolenza e generosità, specialmente di fronte a  quelli, che spesso affermavano di esserti debitori. Dal momento che le cose stanno così, è più agevole per loro accusare di negligenza 

o di ingratitudine, che sanare: farò in modo che tu abbia la mia attenzione, con nessun altro impegno. Sappi che il ricordo dei tuoi favori verso di me mi accompagnerà nel vivere e nell'agire.
Certamente, avendo ricevuto immediatamente le tue lettere, parlai con 
Alfonso Paulutio quanto più accuratamente potei, e presi in considerazione il tuo problema molto seriamente. Pregai anche qualcuno, Speriamo veder maturare la vita e che  possa durare. Certamente qualsiasi sia la soluzione a cui lui arriverà, faremo sì che ti sia reso noto perfino in anticipo. A tua volta, ti sarò grato, occupati di quelle meravigliose cose inerenti al giudizio e alla riflessione sulla musica ecclesiastica, come quando alla fine prolungavi le discussioni notturne e di cui mi hai dato talvolta un eccellente esempio. Nel resto del comunicato  non ti faremo mancare a lungo i nostri auspici. Si proceda quanto più velocemente possibile, davvero per noi un ottimo lavoro che veramente ti renderà famoso per l'eternità.

 

Ma chi era Celio Calcagnini, 
primo rettore della chiesa di Alfonsine?

 

Celio Calcagnini fu umanista, scienziato e diplomatico al servizio del Ducato di Ferrara, uno dei più dotti sapienti dell'epoca rinascimentale, soldato, ecclesiastico, professore, poeta, filosofo e storico, fu celebrato da Ludovico Ariosto nell'Orlando furioso (XLII.90, XLVI.14).

Gli Estensi esercitarono la loro influenza sui meccanismi di assegnazione non solo dei vescovadi e dell'abbazia di Pomposa, ma anche delle prebende minori pur dipendenti da diocesi fuori dello Stato. 

Nel 1510 Celio aveva abbracciato, certamente su sollecitazione del suo signore di Ferrara, il Duca Alfonso I° d'Este, anche la carriera ecclesiastica. Ordinato sacerdote, veniva provvisto, di un canonicato, cioè una rendita nella cattedrale di Ferrara, tramite l'intervento di Ippolito d'Este, arcivescovo di Ferrara e cardinale italiano, figlio di Ercole I d'Este, Duca di Modena e Ferrara e della principessa Eleonora d'Aragona, di cui il Celio Calcagnini era maestro precettore.  II sistema beneficiale semplice penalizzava la cura delle anime per la larga tolleranza sull'obbligo di residenza degli assenteisti rettori della pieve di Fusignano

Ricche prebende Celio Calcagnini poi riceveva da S. Giacomo di Ferrara e di Porotto, ampi benefici a Riolo (nella diocesi di Faenza), a Ferrara (chiesa di S. Maria Bianca).

Alfonso I° Calcagnini, feudatario di Fusignano e Alfonsine (Leonino) per conto degli Estensi di Ferrara, assegnò la giurisdizione ecclesiastica della pieve alfonsinese, col titolo di Rettore, al suo parente di chiesa più famoso, proprio Celio Calcagnini, suo cugino, già intestatario della carica di Arciprete per la chiesa di Fusignano. In questo modo riuscì a sottrarre alla chiesa ravennate e ai signori di Ravenna i diritti su quei territori.

"Disturbato dalla febbre terzana, Celio si trattenne a Fusignano solo per quattro mesi, poi decise di recarsi nella vicina Lugo. «ubi medicorum sed malorum maior est copia», e tornò deluso perché non trovò tanti unguenti medicinali quanti cercava." (pag. 498 "Storia di Fusignano").

Qui entrò in scena Alphonso Paulutio

A Celio Calcagnini interessavano le prebende e i guadagni che gli spettavano di diritto. E per amministrare tali entrate aveva incaricato un suo uomo di fiducia tale Alphonso Paulutio, come amministratore, fattore, che all'epoca veniva definito 'tutore'.
Fu così che Alphonso Paulutio volle che fosse chiaro a tutti che lui era l'amministratore di quella parrocchia di Alfonsine, e lo fece scrivere sul basamento del battisterio che caratterizzò la nuova chiesa, creata nel 1530 a una navata come ampliamento della vecchia pieve posta ai confini del territorio dei feudatari di Fusignano fin dal 1502, ormai inadeguata. 

Alphonso Paulutio ristrutturò e migliorò il primo Oratorio, e siccome cominciavano anche a nascere bambini, installò una fonte battesimale. Quel "nostro" basamento che è stato ritrovato ha proprio forma ottagonale come era in uso in tutti i battisteri di quei tempi, per ricordare l'ottavo giorno della creazione, giorno della Resurrezione di Cristo e quindi l'inizio di una nuova era nel mondo, era quindi di sostegno della colonna con una vasca battesimale sopra, in marmo di Istria e con la scritta incisa  'Alphonso Paulutio tutore'. 

La prova

La prova che su quella fonte battesimale c'era anche la data 1530, ce la dà lo storico Gianfranco Rambelli che nelle sue "Memorie Storiche dell'Alfonsine" pubblicato nel 1833 scrisse (a pag. 45 nota 1), descrivendo il battisterio della Chiesa S. Maria, che nel vaso dell'acqua santa del battistero era scritto 1530 (MDXXX) e ALPHONSO PAULUTIO TUTORE. Nel piedistallo di quella fonte battesimale non c'era la data (MDXXX), ma solo  ALPHONSO PAULUTIO TUTORE.

 

La pieve bastò per una ventina di anni, poi, crescendo la popolazione, e dovendo garantire un miglior decoro, nel 1540 i nipoti di Alfonso 1° Calcagnini, i conti Alfonso II e Teofilo II, figli di Tommaso I° Calcagnini e Costanza Rangoni, fecero ristrutturare la vecchia pieve, sempre a una sola navata. 
Celio Calcagnini, il primo Rettore della chiesa di Alfonsine morì nel 1541.

Questa struttura durò fino al 1740 quando fu abbattuta e ricostruita, ingrandita con due navate laterali

Poi per tutto l’'800 ci fu un degrado totale che vide l’abbattimento della chiesa dal 1825-1878 e una sua lenta ricostruzione che terminò nel 1903. Poi ci fu l’incendio della Settimana Rossa (1914), bombardamento americano (1944) e all'inizio febbraio 1945 crollo finale della chiesa di Alfonsine minata da 30 bombe di mezzo quintale l'una, appostate lungo la navata e le colonne, da alfonsinesi costretti dai tedeschi.

Il nostro reperto, cioè il basamento del battisterio, quindi sicuramente ha superato  più di 500 anni di travagli e miracolosamente è arrivato fino a noi.

Ma come si salvò?

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(Anno 1914) Il davanti della chiesa durante la 'settimana rossa', 
con i resti delle suppellettili distrutte e incendiate. 

Fu recuperato dalle macerie dell'incendio della chiesa nella "Settimana rossa", qualcuno degli abitanti vicino alla chiesa potrebbe aver preso quel resto della fonte battesimale ed averlo posto nel cortile di casa come vasiera, dopo che il battisterio era stato distrutto e fatto a pezzi.

Nella foto qui sotto si vede  la fonte battesimale della chiesa S. Maria.

Fa da sfondo sulla parete l'affresco originale del Margotti in cui si vede il Cristo-Baracca del Margotti. Il basamento della colonna è circolare e non ottagonale, quindi si tratta di un nuovo battisterio. L'affresco fu fatto subito dopo la "Settimana rossa" nel 1915.

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Secondo la testimonianza di Iris Matulli, che ha gestito l'albergo "Al Gallo" dal 1968, quel basamento in marmo fu ritrovato nell'immediato dopoguerra quando la famiglia Bosi ('Sbaragnì'), a detta della Cenza Bosi, per ricostruire la loro casa abbattuta, una casa proprio lì vicino alla chiesa, utilizzarono anche le macerie della chiesa e vi ritrovarono quello strano vaso in marmo che era finito nel cortile della casa Bosi (forse fin dal 1914).

 un clic o un tocco per ingrandire l'immagine

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(Anno 1930) Foto aerea del piazzale della chiesa

 

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Nominato Rettore alfonsinese  della chiesetta-oratorio Celio Calcagnini, il basamento fu posto quasi certamente a sostegno della nuova fonte battesimale quando nel 1530 fu sistemata la vecchia prima pieve. Rimasto in uso nell'edificazione ex-novo della chiesa nel 1540 e nelle successive ristrutturazioni della chiesa, si vede da questa fotografia (a destra), successiva al 1914, che nella fonte battesimale della chiesa S. Maria appare un basamento circolare e non ottogonale come il 'nostro'.
è molto probabile che con le distruzioni della 'Settimana Rossa', che colpì anche la fonte battesimale e il quadro che ne arredava l'ambiente, il basamento ottagonale la colonna e il catino marmoreo siano stati buttati nel mucchio dei resti davanti alla chiesa, dove le parti in legno (sedie e quadri) furono incendiate. Qualcuno poi degli abitanti vicino alla chiesa potrebbe aver preso quel resto della fonte battesimale ed averlo posto nel cortile di casa come vasiera.

 

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Fonte battesimale della chiesa S. Maria. Fa da sfondo sulla parete l'affresco originale del Margotti in cui si vede il Cristo-Baracca

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(Anno 1914) Il davanti della chiesa durante la 'settimana rossa', 
con i resti delle suppellettili distrutte e incendiate. 

 

COME SI SALVò?

 Il basamento del '500 recuperato dalle macerie dell'incendio della chiesa nella "Settimana rossa" era finito nel cortile della casa Bosi ('Sbaragnì')

Secondo la testimonianza di Iris Matulli, che ha gestito l'albergo "Al Gallo" dal 1968 al 2016, quel basamento in marmo fu ritrovato nell'immediato dopoguerra quando la famiglia Bosi (a detta della Cenza Bosi) per ricostruire la loro casa abbattuta utilizzarono anche i resti della casa e vi ritrovarono quello strano vaso in marmo. 

 

ECCO LE PROVE DELL'ORIGINE CINQUECENTESCA DEL BASAMENTO

Nel basamento in marmo si legge un'incisione:
 Alphonso Paulutio Tutore

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Un click o un tocco sulle foto per averne un ingrandimento

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Ma chi era Alphonso Paulutio?

Una rapida ricerca su internet (è bastato scrivere su Google 'Alphonso Paulutio') ed ecco la sorpresa:

 In 'Opera aliquot' ('Opere varie') di Celio Calcagnini pubblicata postuma nel 1544 viene citato Alphonso Paulutio, in una lettera del Calcagnini del 1526 al vescovo di Imola Domenico Scribonio dei Cerboni

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un click o un tocco sopra per averne un ingrandimento)

Celio C. al Vescovo di Imola Scribonio

Avrei sempre gradito  padre, ovunque arrivi l'occasione, di ricevere i tuoi scritti, sebbene si tratti di questioni pecuniarie, del cui studio ora ti occupi, e avrei preferito rinunciare tranquillamente alla tua benevolenza e generosità, specialmente di fronte a  quelli, che spesso affermavano di esserti debitori. Dal momento che le cose stanno così, è più agevole per loro accusare di negligenza o di ingratitudine, che sanare: farò in modo che tu abbia la mia attenzione, con nessun altro impegno. Sappi che il ricordo dei tuoi favori verso di me mi accompagnerà nel vivere e nell'agire.
Certamente, avendo ricevuto immediatamente le tue lettere, parlai con Alfonso Paulutio quanto più accuratamente potei, e presi in considerazione il tuo problema molto seriamente. Pregai anche qualcuno, Speriamo veder maturare la vita e che  possa durare. Certamente qualsiasi sia la soluzione a cui lui arriverà, faremo sì che ti sia reso noto perfino in anticipo. A tua volta, ti sarò grato, occupati di quelle meravigliose cose inerenti al giudizio e alla riflessione sulla musica ecclesiastica, come quando alla fine prolungavi le discussioni notturne e di cui mi hai dato talvolta un eccellente esempio. Nel resto del comunicato  non ti faremo mancare a lungo i nostri auspici. Si proceda quanto più velocemente possibile, davvero per noi un ottimo lavoro che veramente ti renderà famoso per l'eternità.

CELIO CALCAGNINI 
E ALPHONSO PAULUTIO

Ma chi era Celio Calcagnini, primo rettore della chiesa di Alfonsine e chi era Alphonso Paulutio?

Celio Calcagnini fu umanista, scienziato e diplomatico al servizio del Ducato di Ferrara, uno dei più dotti sapienti dell'epoca rinascimentale, soldato, ecclesiastico, professore, poeta, filosofo e storico, fu celebrato da Ludovico Ariosto nell'Orlando furioso (XLII.90, XLVI.14), e formulò una teoria sul moto della Terra influenzata da quella copernicana. 

Gli Estensi esercitarono la loro influenza sui meccanismi di assegnazione non solo dei vescovadi e dell'abbazia di Pomposa, ma anche delle prebende minori pur dipendenti da diocesi fuori dello Stato: ad esempio il poeta Ludovico Ariosto era beneficiario della prebenda di Sant'Agata sul Santerno pur essendo ordinato soltanto in minoribus. II sistema beneficiale semplice penalizzava la cura delle anime per la larga tolleranza sull'obbligo di residenza degli assenteisti rettori della pieve di Fusignano. 

Nel 1510 Celio aveva abbracciato, certamente su sollecitazione del suo signore di Ferrara, il Duca Alfonso I° d'Este, anche la carriera ecclesiastica. Ordinato sacerdote, veniva provvisto, di un canonicato, cioè una rendita nella cattedrale di Ferrara, tramite l'intervento di Ippolito d'Este, arcivescovo di Ferrara e cardinale italiano, figlio di Ercole I d'Este, Duca di Modena e Ferrara e della principessa Eleonora d'Aragona, di cui il Celio Calcagnini era maestro precettore. 

"Celio avrebbe preferito Venezia per la "coeli salubritas", perché dai contagi si sperava di sfuggire più che guarire: ma ebbe difficoltà a procurarsi la licenza sanitaria." (pag. 498 "Storia di Fusignano")

Ricche prebende poi riceveva da S. Giacomo di Ferrara e di Porotto, ampi benefici a Riolo (nella diocesi di Faenza), a Ferrara (chiesa di S. Maria Bianca), a Fusignano (chiesa arcipretale) e Alfonsine, a Roverdicré (un giuspatronato nel Polesine rovigiano). Fu quindi insignito del titolo di protonario apostolico e nel 1514 si addottorò - nello Studio della sua città - in diritto civile e canonico.

Alfonso I° Calcagnini, feudatario di Fusignano e Alfonsine (Leonino) per conto degli Estensi di Ferrara, assegnò la giurisdizione ecclesiastica della pieve alfonsinese, col titolo di Rettore, al suo parente di chiesa più famoso: Celio Calcagnini, suo cugino, già intestatario della carica di Arciprete per la chiesa di Fusignano. In questo modo riuscì a sottrarre alla chiesa ravennate e ai signori di Ravenna i diritti su quei territori.

"Disturbato dalla febbre terzana, Celio si trattenne a Fusignano solo per quattro mesi, poi decise di recarsi nella vicina Lugo. «ubi medicorum sed malorum maior est copia», e tornò deluso perché non trovò tanti unguenti medicinali quanti cercava." (pag. 498 "Storia di Fusignano")

Comunque Celio Calcagnini svolgeva ben altri compiti più importanti e impegnativi che gestire personalmente una chiesa sperduta nelle valli, e naturalmente mai si sognò di recarsi in queste terre. A lui interessavano solo le prebende e i guadagni che gli spettavano di diritto. E per amministrare tali entrate aveva incaricato un suo uomo di fiducia tale Alphonso Paulutio, come amministratore, fattore, che all'epoca veniva definito 'tutore'.
Fu così che Alphonso Paulutio volle che fosse chiaro a tutti che lui era l'amministratore di quella parrocchia di Alfonsine, e lo fece scrivere sul basamento del battisterio che caratterizzò la nuova chiesa, creata a una navata come ampliamento della vecchia pieve, ormai inadeguata: un basamento di sostegno della colonna con una vasca battesimale sopra, in marmo di Istria: 'Alphonso Paulutio tutore'. (Il ‘nostro’ basamento ha proprio forma ottagonale come era in uso in tutti i battisteri di quei tempi, per ricordare l'ottavo giorno della creazione, giorno della Resurrezione di Cristo e quindi l'inizio di una nuova era nel mondo). 

Celio Calcagnini, il primo Rettore della chiesa di Alfonsine morì nel 1541.

 

MA COME HA FATTO QUEL BASAMENTO AD ARRIVARE 
FIN QUI?

 

La prima chiesetta-oratorio (1502)

Alfonso I° Calcagnini investì, nel 1488, 10.000 scudi per avviare la bonifica delle valli che si trovavano dove ora sorge il comune di Alfonsine.

Per queste opere si avvalse di lavoratori di Fusignano, ma anche del Ferrarese e del Ravennate.
In un punto presso il fiume Senio in cui si trovava un passo barca (la Predosa): lì si creò un villaggetto, con un piccolo oratorio-chiesetta di una sola navata, senza campanile.

Nel 1519 tramite il Breve di Leone X i Calcagnini ottennero il 'gius patronato', oltre che in Fusignano, anche sul contestato territorio alfonsinese che fu delimitato come 'territorio Leonino' (così detto da Leone X). Tale territorio fu definito come 'baronia', un territorio di piccole dimensioni, appunto sotto il controllo di un 'barone'. Questa unità amministrativa era la più piccola e la meno importante, per questo il barone era sempre vassallo di un altro signore più potente di lui, come un visconte o un conte. I conti Calcagnini ebbero, oltre al giuspatronato perpetuo sulla chiesa di Alfonsine Leonino, anche la 'baronia'.  

Il giuspatronato (forma italianizzata dello jus patronatus) era un diritto concesso su un altare di una chiesa ad una famiglia. Tecnicamente era il diritto di proteggere (nel senso di mantenere) e veniva infatti concesso a chi si faceva carico di dotare l'altare stesso, cioè donargli soldi e beni immobili dal quale l'altare (e soprattutto chi lo gestiva) traeva rendite.

 Alfonso I° Calcagnini con suo fratello Borso fecero costruire abitazioni e capanni riempendo di abitanti quei luoghi vuoti. Nel 1520, dopo il determinante “Breve di Papa Leone X”, assegnarono la giurisdizione ecclesiastica al loro cugino più famoso Mons. Celio Calcagnini, famoso letterato del XVI sec., che, per uno speciale privilegio canonico della cattedrale di Ferrara era stato nominato arciprete di Fusignano e Rettore (così veniva chiamato il parroco) delle Alfonsine da Ippolito III d’Este, arcivescovo di Ferrara e cardinale italiano, figlio di Ercole I d'Este, Duca di Modena e Ferrara. In questo modo i Calcagnini e gli Este sottraevano alla Chiesa Ravennate e ai signori di Ravenna i diritti su quei territori.  

Naturalmente Celio Calcagnini, che aveva ben altri compiti più importanti e impegnativi, mai si sognò di recarsi in queste terre. A lui interessavano solo le prebende e i guadagni che gli spettavano di diritto. E per amministrare tali entrate aveva incaricato un suo uomo di fiducia tale Alphonso Paulutio, come amministratore, fattore, (o "commercialista" diremmo oggi) che all'epoca veniva definito 'tutore'.  

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La scritta sopra... "Eccl.ia fabricata p. Calcagninos"

Questo è un particolare di una mappa databile 1521
(clicca o tocca sulla foto per averne un ingrandimento)
La chiesa, qui detta "Eccl.ia fabricata p. Calcagninos",  fu eretta da Alfonso nel 1502
come piccolo oratorio, poi ristrutturata a una navata nel 1520, e di nuovo trasformata in una vera chiesa da Alfonso e Teofilo, nel 1540.

 

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IL DISEGNINO DELLA CHIESA NON è REALISTICO MA SI TRATTA DI UN'ICONA convenzionale USATO NELLE MAPPE D'EPOCA per indicare una chiesa, IL CAMPANILE INFATTI ALL'EPOCA NON C'ERA ANCORA

Fu così che Alphonso Paulutio (probabilmente 1530) ristrutturò e migliorò il primo Oratorio, e siccome cominciavano anche a nascere bambini, installò una fonte battesimale. Volendo che fosse chiaro a tutti che lui era l'amministratore di quella parrocchia di Alfonsine per conto di Celio Calcagnini, fece scrivere sul basamento ortogonale della fonte battesimale in marmo di Istria: 'Alphonso Paulutio tutore'.  

La prova che  su quella fonte battesimale c'era anche la data 1530 

ce la dà lo storico Gianfranco Rambelli che nelle sue "Memorie Storiche dell'Alfonsine" pubblicato nel 1833 scrisse (a pag. 45 nota 1) quanto segue :

Quindi nel vaso dell'acqua santa del battistero era scritto 1530 (MDXXX) e ALPHONSO PAULUTIO TUTORE
mentre nel piedistallo di quella fonte battesimale non c'era (e non c'è) la data (MDXXX), ma ripetuto solo  ALPHONSO PAULUTIO TUTORE.

LA CHIESA - ORATORIO (1540)

La pieve bastò per una ventina di anni, poi, crescendo la popolazione, e dovendo garantire un miglior decoro, nel 1540 i nipoti di Alfonso 1° Calcagnini, i conti Alfonso II e Teofilo II, figli di Tommaso I° Calcagnini e Costanza Rangoni, fecero ristrutturare la vecchia pieve, sempre a una sola navata.

Nella facciata della chiesa così migliorata i Calcagnini posero, in marmo travertino, la seguente epigrafe

ALPHONSUS. ET. THEOPHILUS. CAL
CAGNINI. FRATRES. COMITES.
ET.
DOMINI. TERRITORI. LEONINI
TEMPLUM. B. VIRGINIS. DE. JURE
PATRONATUS.
SUAE. FAMILIAE
A. FUNDAMENTIS. EREXERUNT
ANNO MDXL

Alfonso e Teofilo Cal 
cagnini, fratelli, conti e
 signori del territorio leonino,
 il tempio della Beata Vergine, di GIUS
 patronato della loro famiglia 
dalle fondamenta eressero
 l'anno 1540

Qui i Calcagnini parlano di Territorio Leonino perché nel 1519, come si è già scritto sopra, erano stati investiti di questa carica di 'baroni del Leonino' da Leone X, che aveva imposto quel nome a quelle terre.

Stemma dei Calcagnini,
 con il Leone e le tre palle.

Per a tutto il '600 fino al 1744 la chiesa rimase con una sola navata.

Nel 1818  (e poi nel 1833) ...

Le informazioni tratte dall'Inventario della Chiesa parrocchiale Santa Maria dell'Alfonsine "firmato in occasione della Sagra Visita dell'Anno 1818", (pubblicato da Adis Pasi su Quaderni Alfonsinesi n° 16, pag.16) ci dicono che la struttura a tre navate realizzata nel 1744 aveva in tutto sei altari e un pulpito.

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Questa immagine della Chiesa Santa Maria è tratta da un affresco trovato nella casa dei Conti Samaritani in via Mameli ad Alfonsine, dell' '800.

Mappa della pianta della chiesa, disegnata nel 1872, durante il periodo di abbattimento e ricostruzione

un click o un tocco per ingrandire l'immagine

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La nuova chiesa Santa Maria iniziata nel 1868 e terminata nel 1879 andò poi distrutta nel 1945 con la guerra

La chiesa subì per più di un secolo un progressivo degrado, anche per la decadenza della famiglia Calcagnini. Arrivati al punto che si rischiava il crollo si decise di fare una nuova chiesa. Essa fu fondata nel 1868 mentre era Economo Sp. don Giuseppe Massaroli, morto poi a Bagnacavallo Arciprete della Pieve. Costò la somma di L. 120.000, terminata solo all'esterno e ancora grezza all'interno, rimasta così per mancanza di fondi. Il governo ordinò poi la chiusura della vecchia chiesa, pericolante, che era rimasta in funzione attaccata alla nuova.

 I lavori terminarono nel 1879 con un interno che rimase grezzo. Solo dal 1893 si iniziò a completarla anche all'interno.

In questa mappa del 1838 si nota in nero la parte della vecchia chiesa che sarebbe stata abbattuta nel 1879. Il progetto fu utilizzati a partire dal 1868.

Nel 1879 fu fatto un secondo appalto per abbattere la chiesa vecchia, fare una sacrestia e un selciato nella nuova chiesa per potervi entrare. Tutto ciò durò fino al 1881 quando il 12 maggio fu nominato Rettore il reverendo Don Gianbattista Ricci Bitti, il quale in undici anni pagò la somma di 60.000 lire. Con quei soldi costruì la sacrestia, l'ancona della Madonna, intonacò le navate, costruì gli altari, il coro, i confessionali e tutto l'arredo interno.

Morto Ricci Bitti nel 1893 lo sostituì per quell'anno un economo don Paolo Scioni, e quindi il Rettore Don Antonio Costa dal 1893 fino al 1903. Fu quest'ultimo a completare la chiesa nuova spendendo 30.000 lire e facendo costruire la canonica e il teatro con altre 20.000 lire.

In un Pro Memoria (raccolto da Adis Pasi) datato Alfonsine 9 giugno 1913 e firmato da Paolo Randi si chiede il saldo dei debiti contratti per i lavori finali:

"Don Antonio Costa venne rettore ad Alfonsine nel 1893 e col pieno consenso del suo vescovo iniziò subito i seguenti lavori, cioè:
1)- costruì ex-novo la canonica a tre piani con 21 ambienti... canonica che non esisteva perché la vecchia fu tutta demolita per ingrandire la nuova chiesa unica del paese.
2)- terminò de tutta la nuova chiesa di metri 52x25 a tre navate che era tutta greggia e appena coperta, decorandola di molti arredi sacri e di un organo del valore di L. 4.000
3)- attiguo alla canonica e alla chiesa sempre ex-novo costruì i proservizi, un locale pel Circolo Cattolico ed una sala ad uso teatro di metri 22x11 con tutto l'occorrente, impianto di gas, per concorrenza al festivale
del paese, e per la preservazione della fede e dei buoni costumi. Attori erano i giovanotti del paese, le bambine del Ricreatorio, ed altri del mestiere.
4)- Costruì di pianta due case coloniche
5)- Pagò circa 15 mila lire di debiti vecchi. Opera tutta che gli costava senza esagerazione oltre le cento mila lire...
6)- Dietro il lascito del signor Antonio Barattoni che lasciava al vescovo... la sua casa civile con un podere di tre ettari per un Istituto religioso di educazione adattò la suddetta casa... ad uso di un asilo infantile, di scuola di studio, di religione, di lavoro femminile, e di Ricreatorio festivo, tutto diretto dalle suore Apostole del S. Cuore... 

... entrò signore ed uscì coi soli panni che aveva indosso, e ai 27 febbraio 1908 fu costretto a rinunziare alla parrocchia compianto da tutti.

(Anno 1884). La chiesa era stata girata di 90° verso la nuova piazza nel 1874. Si nota l'orologio del campanile. La canonica non è ancora costruita.

Nel 1898, a destra della chiesa, fu costruita la canonica.

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(Anno 1910) Il piazzale della chiesa con la nuova canonica (1898). Di passaggio un gruppo di bersaglieri in bicicletta. In estate ogni anno ad Alfonsine stanziava un reparto dell'esercito italiano, che si sistemava nei locali del Foro Annonario. Gli ufficiali nel Palazzo Lanconelli, nel piazzale della chiesa.

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(Anno 1914) Il davanti della chiesa durante la 'settimana rossa', 
con i resti delle suppellettili distrutte e incendiate. 

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(Anno 1930)

 Nel lato sul piazzale presenta solo qualche cambiamento dal 1910 al 1930, con la conversione di alcune camere a negozi: il primo era il negozio di tessuti d’la Tangàna (Ida Bruni sposata Faccani), che fino agli anni ‘20 era stato di Natale Pescarini con vendita di oli e macchine da cucire. Poi c’era il negozio di ferramenta d’Marlén (già di Cesare Baldi). Nell’angolo c’era l'ingresso al cortile interno della Canonica dove c'era il campanile e il teatro parrocchiale. Sul lato successivo del piazzale si incontrava la casa di Ennio Salvatori, con due negozi: il primo dell’orologiaio Zannoni, e il secondo del barbiere ‘Brasulina’. A seguire casa Lanconelli (dove abitavano in affitto varie famiglie tra le quali quella del fotografo Luciano Tazzari con la moglie maestra ..........)
Poi casa Altini con un negozio dal 1930, che fu di “Mobili Antichi” e poi di “Barbiere”, quindi il “Caffé Nazionale” detto “d'la Niculéna”, moglie di Pietro Altini, e che in seguito ebbe solo la scritta di Caffé.

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(Anno 1930) Foto aerea del piazzale della chiesa

La Chiesa Santa Maria il 10 aprile 1945


La chiesa ancora in piedi e la canonica colpita da una bomba

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Inizio febbraio 1945 – La chiesa cadde minata da 30 bombe di mezzo quintale l'una, appostate lungo la navata e le colonne da alfonsinesi costretti dai tedeschi. Poi toccò alla canonica, all'asilo e via via tutto il resto, specialmente corso Garibaldi. Nella foto la chiesa e il caffè d’Cai sono un cumulo di macerie. Si vedono sullo sfondo il teatro “Aurora”, l’asilo parrocchiale e in primo piano la Canonica.

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Le macerie della chiesa 

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(Anno 1945) La chiesa e la piazza distrutte dalla guerra

  

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(Anno 1945) La chiesa e la violina distrutte dalla guerra

 

Due chiese nel dopoguerra

Con la scelta di sviluppare il nuovo centro di Alfonsine alla sinistra del fiume Senio, l'arciprete Don Liverani decise di trasferire la chiesa nel paese nuovo, dove si iniziò la costruzione della chiesa parrocchiale Santa Maria, mentre nel paese vecchio sarebbe sorta la nuova chiesa parrocchiale del Sacro Cuore, sulle macerie della vecchia chiesa.

Per qualche anno nell'immediato dopoguerra l'arciprete Don Liverani officiò la santa Messa con i cappellani Don Domenico Parmeggiani e, dal 1953, Don Dionisio Vittorietti, utilizzando la piccola canonica che era stata rapidamente edificata (foto sotto). A metà degli anni '50 fu inaugurata la nuova chiesa Santa Maria nel paese nuovo a sinistra del fiume Senio, che ebbe come arciprete Don Liverani stesso, mentre Don Vittorietti divenne parroco della nuova parrocchia del Sacro Cuore.

Anno 1948. Piazzale della chiesa, A sinistra la costruzione che servì da chiesa fino alla metà degli anni '50, oggi canonica

La chiesa Santa Maria
nel paese nuovo

Con la decisione della nuova amministrazione comunale di ricostruire il paese nuovo alla sinistra del fiume Senio si pose il problema se ricostruirvi anche la nuova chiesa Santa Maria. L'arciprete don Liverani partecipò a questa decisione e decise che anche la nuova chiesa arcipretale sarebbe stata ricostruita nel nuovo centro. Così fu, se pur tra varie opposizioni che alla fine si scagliarono contro don Liverani stesso, per aver favorito tale soluzione. La sua decisione spaccò la comunità cattolica e produsse una serie di accuse, come quella di filocomunismo, 

Particolare del progetto Parolini-Vaccaro, per la ricostruzione dove si vede il progetto per la chiesa (1946)

Dopo le fratture ideologiche verificatesi nella comunità alfonsinese, alla fine della predica della messa di Natale del 1949, quando si aprì l'Anno Santo 1950, gridò dall'altare:"Sia l'anno del grande ritorno, sia l'anno del grande perdono!"

La nuova chiesa Santa Maria, posta nel paese nuovo (anno 2000)

 

La chiesa del Sacro Cuore

Nel 1954 fu posta la prima pietra della chiesa del sacro Cuore, ove sorgeva la chiesa Santa Maria, distrutta durante la guerra. Nel 1956 fu inaugurata la nuova chiesa del sacro Cuore e l'omonima parrocchia con a capo il nuovo parroco Don Dionisio Vittorietti 
(clicca qui per saper tutto su chi era Don Vitt)


Elenco dei parroci della chiesa Sacro Cuore di Alfonsine



don Dionisio Vittorietti 1956-1973, parroco
don Genesio Succi, 1973-2000, parroco
don Renato Frappi, 2002- .....

 

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Piazza Monti (o meglio piazzale della chiesa). 
Don Vittorietti (allora cappellano) da sinistra, poi don Domenico Parmeggiani, il vescovo mons. Giuseppe Battaglia, e altri preti non riconosciuti. 

Il chierichetto era Valter Conti

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Era il 1954: posa della prima pietra della chiesa del Sacro Cuore

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1954: posa della prima pietra della chiesa del Sacro Cuore, in piazza Monti.
Si nota da sinistra don Vittorietti, poi il vescovo mons. Giuseppe Battaglia, il cappellano don Domenico Parmeggiani, e un prete non riconosciuto.

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Anno 1960: il piazzale ricostruito con la chiesa del Sacro Cuore, dopo che la chiesa Santa Maria fu ricostruita alla sinistra del Senio nel paese nuovo.

 

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